La rivolta delle tipografie. Stefano Gazzaniga, vicedirettore di dpsuisse/viscom: «Continuare a insinuare che inquiniamo è deleterio».
BELLINZONA - «Digitalizzazione uguale sostenibilità. Stampare uguale inquinare. È con questa narrazione che si va avanti da anni. Siamo stufi di fare la parte dei cattivi ingiustamente». Stefano Gazzaniga, vicedirettore di dpsuisse/viscom, racconta così la rivolta in corso tra le tipografie a livello nazionale. Il settore nell'ultimo decennio ha perso migliaia di incarichi e di collaboratori. E non solo per l'avanzata della tecnologia. «No – sottolinea Gazzaniga –. Quella non ci dà fastidio. Il problema sono le bugie. Continuare a insinuare che inquiniamo è deleterio».
Per fare la carta serve il legno. E le foreste sono in crisi.
«Attenzione. L'industria si sta impegnando da tempo nella gestione responsabile delle foreste e nell'uso di legno certificato. In Svizzera l'82% della carta viene riciclata. E la carta usata può essere riciclata fino a dieci volte. Forse si è un po' esagerato nel dipingere negativamente il nostro settore».
Digitalizzazione è una parola che va di moda. La si infila un po' ovunque.
«Dimenticando che i server, situati spesso in località remote, hanno un enorme impatto sull'ambiente. E che solo il 20% dei prodotti elettronici può essere riciclato in modo adeguato».
Diverse aziende rinunciano a stampare sostenendo di amare l'ambiente.
«Già. "Siamo sensibili all'ambiente e per questo motivo non stampiamo più le fatture". Questa è una frase tipica che circola tra grandi aziende. Ma è scorretta. Mandare una mail è più rapido e meno costoso. Chiaro. Ma la cosa assurda è abbinare chi stampa a una connotazione negativa. Non se ne può più. Basta».
Anche l'istituzione punta sulla digitalizzazione...
«Basti pensare alla scelta del Cantone di non stampare più il catalogo dei "corsi per adulti". Risultato? Calo delle iscrizioni. Non si è tenuto conto delle necessità dell'utenza. Oggi tanta gente ha ancora bisogno della carta stampata. E non parlo solo di anziani».
Diamo un'occhiata al resto del mondo. In Danimarca, nazione pioniera per la digitalizzazione a scuola, si stanno facendo riflessioni.
«Si sono accorti che i risultati degli studenti sono peggiorati. Stanno tornando a usare carta e penna. Il ministro per l'istruzione Mattias Tesfaye ha recentemente esortato le scuole del Paese a dare maggiore priorità all'insegnamento analogico e a limitare l'uso degli schermi».
Lei come interpreta questo dietrofront clamoroso?
«Forse si è capito che la carta limita i deficit d'attenzione e stimola al contrario il cervello. La comprensione e il ricordo della lettura su supporto cartaceo sono significativamente migliori rispetto alla lettura su schermo. Senza contare che i tablet non rilassano. Anzi. Pensate ai problemi legati all'insonnia. E ai medici che suggeriscono di spegnere gli schermi un paio d'ore prima di coricarsi».
La carta esiste da oltre 2'000 anni ed è data spacciata da una vita. Perché non muore mai davvero?
«Perché l'essere umano ne ha bisogno. Non ci sono altre risposte. Il fatto che la digitalizzazione avanzi non è un problema. Si può convivere. Sono gli estremismi a fare male. Soprattutto nei confronti di un settore che si impegna a ridurre gli impatti sull'ambiente e che genera indotto. Per ogni franco investito all'interno del settore, circa 80 centesimi restano sul territorio. Davvero siamo così dei mostri?».