Va in scena oggi l'azione di protesta dei docenti contro il mancato riconoscimento del carovita 2024. Le considerazioni degli organizzatori
BELLINZONA - La scuola ticinese (o almeno una parte) si mobilita. Dopo mesi di discussioni e dibattiti scatta oggi la manifestazione del "Movimento della Scuola" per il mancato riconoscimento del carovita per l’anno 2024.
Il primo di due capitoli - Venerdì 20 dicembre è infatti il primo dei due giorni di vacanza extra (il secondo si concretizzerà il 7 gennaio del prossimo anno), decisi dal Consiglio di Stato per compensare il mancato riconoscimento del carovita ai suoi collaboratori nel 2024.
Sulla misura di risparmio, a cui si aggiunge una tantum di 400 franchi, si è discusso già parecchio. C’è chi l’ha definita una “vacanza forzata” e chi invece un atto dovuto, necessario in un momento in cui bisogna "tirare la cinghia". Fatto sta che oggi una ventina di sedi del cantone prenderà parte (in modi diversi) all’iniziativa.
«Sono contento per il fatto che, in un periodo non particolarmente facile a ridosso delle vacanze di Natale, abbiamo riscosso un’importante partecipazione alla giornata», ci ha confidato Alessandro Frigeri, co-presidente del Movimento della Scuola.
Un'adesione importante - Quasi tutto il settore delle scuole medie superiori (licei, scuole di commercio) apriranno le sedi durante la mattina di oggi e in alcuni casi anche al 7 gennaio. Solo due le eccezioni: il Liceo di Lugano 2 e quello di Locarno che hanno deciso di chiudere la sede ma di aderire attraverso una lettera aperta.
Nelle scuole medie invece poco meno della metà parteciperanno all’iniziativa. «Solo la scuola media di Gravesano aprirà oggi coinvolgendo anche gli allievi».
Mentre nella maggior parte dei casi l’adesione è avvenuta tenendo aperto simbolicamente la sede «con la presenza dei docenti che faranno dei momenti di formazione, oppure semplicemente con delle risoluzioni o con delle lettere inviate alle famiglie e alle autorità».
Le ragioni del movimento - Un successo inatteso? «Si può spiegare con il fatto che la scelta del governo è risultata agli occhi di molti docenti particolarmente infelice. Una misura di compensazione della scelta di non riconoscere il rincaro che è piuttosto ridicola», sottolinea il co-presidente.
Ma al di là di questo «la scelta di chiudere la scuola per due giorni significa, per ragioni di risparmio, non riconoscere il diritto all'istruzione dei ragazzi e dei bambini». Questo, secondo Frigeri, il nocciolo della questione che ha suscitato molta indignazione nel corpo insegnanti del cantone.
Tante attività - Alcune sedi organizzeranno delle attività con gli allievi, altre invece dei momenti di riflessioni che coinvolgeranno solo i docenti. Presso il liceo di Bellinzona per esempio i ragazzi potranno partecipare a un'attività a scelta in un catalogo di proposte avanzate dai docenti oppure dagli stessi allievi.
Nel pomeriggio invece appuntamento a Bellinzona dove alle 15.15 in Piazza del governo il movimento consegnerà la lettera aperta, firmata da circa 1’500 docenti, «in cui spieghiamo le ragioni della nostra iniziativa e del nostro malumore verso la decisione di aggiungere due giorni di vacanza».
Due pilastri - Insomma sono due i pilastri sui quali si basa la manifestazione. «Si tratta dell’ennesima misura che va a intaccare le condizioni salariali del docente e l'attrattiva della professione. Sul lungo periodo questo può fare la differenza. Ci si ritrova già oggi, soprattutto in alcune materie e in alcuni settori scolastici, in una situazione nella quale si fa fatica a trovare nuovi candidati alla professione».
Dall’altra, c’è la questione di «considerare la scuola come un servizio al pari di un servizio commerciale, come se fosse un negozio che a seconda delle esigenze del titolare, chiude a piacimento la struttura. La scuola è un servizio pubblico e deve rispondere a un bisogno della società».
Un segnale per il futuro - Nella sostanza l’impatto dei due giorni di vacanza è sicuramente limitato. «Ma è il segnale che viene dato, il valore simbolico della scelta del governo». Sullo sfondo c’è la questione della riduzione delle risorse a disposizione del servizio pubblico.
Adesso che fare? «È un segnale che vogliamo lanciare per una prospettiva futura. La strada intrapresa che ha portato a queste decisioni, ai nostri occhi, è sbagliata».
La posizione del Decs - Da parte sua il Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (DECS) ha ribadito la posizione della direttrice Marina Carobbio Guscetti secondo cui il disappunto dei docenti è comprensibile e le loro richieste legittime.
Detto ciò, la direttrice del DECS negli scorsi mesi ha avuto modo di «incontrare l'associazione “Il Movimento della Scuola” e alcuni suoi rappresentanti, così come pure molte e molti altri portatori e portatrici di interesse in ambito scolastico)», ci ha spiegato la Direzione dello stesso DECS. «Incontri, quelli con il Movimento della Scuola, sempre proficui, che hanno permesso di evidenziare una visione largamente condivisa dell’importanza di investire nella scuola e nell’educazione».