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LUGANO«Non sono un bidone sul quale scaricare le frustrazioni»

18.12.24 - 07:33
La testimonianza di una lavoratrice del sesso: «È la violenza psicologica che ci ferisce maggiormente».
Ti-Press / Pablo Gianinazzi
«Non sono un bidone sul quale scaricare le frustrazioni»
La testimonianza di una lavoratrice del sesso: «È la violenza psicologica che ci ferisce maggiormente».

LUGANO - Le parole hanno un peso. Il termine giusto per riferirsi alle lavoratrici del sesso e alla loro professione può avere un impatto sulla discriminazione. L'accento posto dall'evento, andato in scena ieri pomeriggio presso il Bistrot Vecchio Torchio di Viganello, non fa però l'unanimità.

Anzi, tra le stesse lavoratrici c'è chi la pensa diversamente. O almeno in parte. «È un progetto difficile da realizzare nella pratica», ci ha spiegato Valeria*, lavoratrice del sesso che opera in Ticino da sei anni.

Un lavoro che parte dalla scuola - La violenza, psicologica e fisica, però c'è e non la si può ignorare. «È un problema culturale troppo presente nella nostra società. Non si può sradicare dalla mente delle persone la stigmatizzazione all'indirizzo della nostra professione soltanto modificando la terminologia». Secondo Valeria la strada è in salita perché è necessario un lavoro molto più profondo che coinvolga il sistema educativo. «Bisogna iniziare nelle scuole con i ragazzi e i bambini. Far passare il messaggio che il nostro è un lavoro che merita rispetto».

I clienti attuali sarebbero quindi "compromessi"? «Forse il cliente userà il termine "sex worker" e non "prostituta", ma nella sua testa rimarremo inferiori. Culturalmente ci identificherà sempre con epiteti, concetti e pregiudizi negativi. Non si può cambiare la testa di una persona che ormai ha per anni vissuto con determinate convinzioni».

La terminologia non basta - La speranza è dunque rivolta verso le giovani generazioni. «Alcuni ragazzi noto che hanno già una sensibilità diversa. Capiscono da soli il rispetto che ogni persona dovrebbe darci. Hanno una mentalità più aperta».

Cambiare i termini non salverà le lavoratrici del sesso dalla violenza quotidiana, ma è comunque forse un primo passo per accendere (anche) i riflettori mediatici sull'argomento? «Può essere un primo segnale, un primo input che dimostri la volontà di cambiare le cose. Ma da solo non basta».

Un fenomeno culturale troppo profondo - A scoraggiare la nostra interlocutrice è soprattutto l'estensione del fenomeno. «L'atteggiamento negativo nei nostri confronti è così presente in tutti gli ambienti che diventa difficilissimo convincere le persone ad adottare un comportamento diverso».

Da parte sua però Valeria non ha mai vissuto violenze fisiche. Ma la violenza può assumere forme diverse: «È quella psicologica che più ci colpisce e ci ferisce. Sembra invisibile, ma si percepisce eccome. E fa male».

La violenza psicologica - Ed è su questo aspetto che bisogna intervenire maggiormente. «La violenza fisica, il cliente che non vuole pagare, oppure che si vuole togliere il preservativo durante il rapporto sono molto meno frequenti».

Anche chi si pensa virtuoso e rispettoso, non lo è affatto: «Loro pensano di comportarsi bene, ma in realtà tutte le battute, i doppi sensi, sono una mancanza di rispetto. Ma c'è anche dell'altro. Non capiscono che è una violenza scaricare le proprie frustrazioni su di me come se fossi un bidone».

Il degrado della clientela - Uno dei tasti più dolenti per lei è il recente - assai percepibile - degrado della clientela: «Nei locali non c'è nessuna selezione della clientela. Chiunque può entrare, può restare solo al bar a bere qualcosa senza salire nelle camere. Sono questi i "clienti" che ci riversano addosso, fra insulti e commenti, tutta la violenza psicologica che subiamo».

«Non c'è un prezzo di ingresso (a parte l'obolo per la prima consumazione, ndr.) e non vige l'obbligo di usufruire dei servizi delle ragazze. Il problema è che non si tratta di un bar, non è un luogo per bere un drink. La persona che entra dovrebbe cercare qualcosa di diverso. Molta gente viene per moda e sono proprio loro che creano più problemi». La tendenza, secondo Valeria, è marcata: «Negli ultimi due anni l'ambiente è peggiorato tanto».

*Nome di fantasia


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