Si apre il processo nei confronti dei due genitori del Bellinzonese che per anni avrebbero abusato sessualmente dei loro ragazzi. Filmando spesso le folli gesta. Ammissioni shock da parte della mamma
LUGANO – Un uomo e una donna assolutamente insospettabili. Lui, 50enne, commerciante, cuoco di formazione. Lei, 45 anni, casalinga. Sono i genitori del Bellinzonese che per anni avrebbero abusato sessulamente dei figli. E ora eccola qui la "strana coppia", davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Nei confronti dei due, in carcere dal 2016, le accuse di incesto, violenza carnale, coazione sessuale, atti sessuali su fanciulli e pornografia dura.
Parla, per la prima volta, il papà – Il giudice apre il processo raccogliendo le generalità dell'uomo, italiano, di Varese. Lui guarda nel vuoto. «Ci siamo trasferiti in Ticino tra il 2009 e il 2010. Prima facevo il frontaliere. Fare il pendolare era faticoso. Al momento dell'arresto avevo appena iniziato un'attività legata alla macelleria. Debiti? Il leasing dell'auto, ora estinto, e l'ipoteca della casa. Non ho precedenti penali».
Contatti solo col figlio maschio – In carcere il 50enne si occupa della pulizia e della distribuzione dei pasti. «Attualmente mi sento con mio figlio e lo vedo ogni weekend. Con mia figlia non ho più alcun contatto. Quando sarò scarcerato sicuramente tornerò in Italia, dai miei genitori. E cercherò di chiedere perdono a mia figlia. In ogni caso tento già adesso di dare una mano finanziariamente ai miei figli, con quello che riesco a mettere da parte».
E ora tocca alla mamma – La parola passa poi alla moglie, mamma della vittima. La donna appare molto scossa. Piange a più riprese. «In carcere lavoro in lavanderia. Ho un posto come responsabile dei vari settori. Prima dell'arresto davo una mano in macelleria. Anche io sento regolarmente mio figlio. Per quanto riguarda mia figlia, al momento, purtroppo non ho contatti. Le ho scritto una lettera in cui le chiedevo perdono. Ma non ho ricevuto risposta. So che non si sente col fratello. Ho cercato di parlare con lui, affinché possa magari riavvicinarsi a lei».
La vergogna – Il giudice incalza. Perché la ragazza oggi non si sente nemmeno con nonni e zii? «All'inizio non volevo che i miei parenti lo sapessero. Dicevo che ero impossibilitata ad andare a trovarli. Per mia mamma è stato difficile accettare questa situazione. Mio papà è stato male in quel periodo, e poi è venuto a mancare. In seguito ho spiegato tutto ai miei famigliari. Come vedo il mio futuro? Tornerò da mia mamma. Vorrei fare dei corsi per lavorare nell'ambito alberghiero. Ho chiesto il divorzio da mio marito, è stato consensuale. Anche io do una mano ai miei figli (la ragazza si trova in un foyer) dal profilo finanziario».
Violenze già dal 2002 – Si entra poi nel vivo del dibattimento. Gli atti sessuali sarebbero iniziati nel 2002 quando la figlia aveva tre anni e mezzo e il figlio 7. La donna conferma. Si parla di oltre 130 (!) episodi. «Non tutti gli atti che sono stati commessi sono documentati da foto e video. Quelli verso nostro figlio sono terminati verso il 2010. Quelli verso nostra figlia verso il 2013».
La nudità che non è tabù – La donna racconta di una vita famigliare in cui la nudità non doveva essere un tabù. «Tutto è partito da questo. Le prime fotografie sono state effettuate nel periodo estivo, quando uscivamo in barca si faceva il bagno nudi». Ma come si è arrivati a coinvolgere i due ragazzi in veri e propri rapporti sessuali? «L'idea è partita da mio marito. Ad esempio, con il fatto di toccare il seno alla mamma o il pene al papà. Non mi sono mai opposta perché amavo troppo mio marito. Avrei fatto qualsiasi cosa per il mio egosimo, mettendo da parte l'educazione dei bambini. Sapevo di sbagliare e non ho mai avuto il coraggio di dire no».
Un comportamento assurdo – Pagnamenta non ci sta. E ribatte: «Quando certe richieste sessuali "sgradite" toccavano direttamente lei, in quelle occasioni aveva il coraggio di dire no a suo marito. Perché? Quando gli atti coinvolgevano i suoi figli invece acconsentiva. Non metteva in campo la stessa determinazione». La donna continua a piangere. «Non le so rispondere. È stato un comportamento assurdo. Sono stata egoista. Quando c'erano discussioni con mio marito, lui prendeva e se ne andava in camper».
Video eloquenti – Il giudice fa riferimento a video eloquenti. In cui i figli erano coinvolti in prima persona. «Ero così disposta a compiacere mio marito che arrivavo al punto di non vedere il resto. I nostri figli in quei momenti erano oggetti al servizio della coppia». Ma la donna, nel corso degli interrogatori passati, avrebbe inizialmente tentato di fare ricadere le colpe sulla figlia. «Non voglio cercare scuse. In quel periodo ero ancora legata emotivamente a mio marito. Mia figlia non ha avuto un'infanzia normale. Pensando a quegli anni non avevo neanche paura che i nostri figli parlassero in giro di quello che accadeva in casa».