Emergono dubbi in particolare sulle procedure di controllo effettuate dalla Valcambi di Balerna.
Lo scorso anno la Svizzera ha importato circa 149 tonnellate d'oro per un valore di 6,8 miliardi di franchi.
LUGANO - La Svizzera è il più importante polo del commercio internazionale dell'oro, ma non vi è alcuna garanzia che l'oro lavorato nel nostro paese sia stato estratto in condizioni di lavoro e ambientali decenti. Non si può poi escludere che dietro il metallo prezioso importato nella Confederazione, e in particolare in Ticino, ci siano criminali, milizie in zone di conflitto o regimi violenti, sottolinea l'organizzazione umanitaria Swissaid, che avanza dubbi in particolare sulle procedure di controllo della Valcambi di Balerna.
Lo scorso anno la Svizzera ha importato circa 149 tonnellate d'oro per un valore di 6,8 miliardi di franchi. In termini di valore le forniture più importanti provengono dagli Emirati Arabi Uniti (EAU). Nel 2018, la metà dell'oro in transito a Dubai proveniva dal continente africano e gran parte veniva esportato illegalmente prima di essere dichiarato, sostiene l'organizzazione non governativa (ONG).
Il metallo prezioso proveniente dagli EAU viene lavorato principalmente alla Valcambi e in misura minore presso la Argor-Heraeus di Mendrisio. Queste due raffinerie importano tramite società commerciali con sede a Dubai con le quali non hanno legami diretti, il che rende impossibile rintracciarne l'origine e garantire che l'estrazione avvenga in buone condizioni.
«Solo oro riciclato» - Malgrado le due imprese ticinesi affermino di importare solo oro riciclato dagli EAU, secondo Swissaid parte potrebbe invece provenire dalle miniere africane e dal souk di Dubai, dove viene contrabbandato anche oro proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo. La PAMP di Castel San Pietro invece importa unicamente lingotti di oro certificato da standard internazionali.
L'organizzazione umanitaria ritiene problematici i rapporti che la raffineria di Balerna intrattiene con il gruppo internazionale Kaloti, accusato di fornire oro illegale, tramite anche la società Trust One Financial Service (T1FS). A Swissaid, la Valcambi ha assicurato di non lavorare direttamente con le raffinerie di Dubai e di effettuare controlli a campione sui propri fornitori. Per l'associazione però le verifiche effettuate dall'impresa ticinese sulla sua catena di fornitura sono insufficienti e le procedure limitate per garantire la conformità e l'origine del metallo prezioso limitate.
«Controlli imprecisi e lacune» - Più in generale per Swissaid i controlli negli Emirati non funzionano e in Svizzera vi sono delle lacune in materia di diligenza. Banche, industrie, gioiellerie e gruppi orologieri non applicano tutti le stesse procedure e secondo l'ONG la maggioranza delle aziende analizzate non ha i mezzi per evitare l'oro potenzialmente problematico. Quanto alle statistiche doganali, mancano di trasparenza e non consentono di conoscere la reale origine dell'oro importato in Svizzera attraverso Dubai.
Per l'organizzazione umanitaria spetta alle raffineria garantire la provenienza del metallo. «Solo approvvigionandosi direttamente dalle miniere, le raffinerie possono assicurarsi di acquistare oro pulito che rispetti i diritti umani e l'ambiente», afferma Swissaid ricordando che un mese fa anche il Controllo federale delle finanze ha rivelato «le lacune dell'attuale sistema di monitoraggio dei metalli preziosi in Svizzera».