L'esperto di salute pubblica Prof. Emiliano Albanese ci spiega le problematiche di un simile certificato
Sussistono molti interrogativi sull'efficacia e sulla durata della presunta immunità
LUGANO - Viaggiare, andare al lavoro, entrare nei locali pubblici e vivere la propria socialità. Queste attività quotidiane che davamo per scontate potrebbero presto essere possibili solo con un passaporto sanitario?
Sembra fantascienza, ma le discussioni che ruotano intorno al passaporto di immunità sono molto accese. Questo documento certificherebbe che una determinata persona è (almeno, momentaneamente) immune al Covid-19. Il funzionamento sarebbe basato su due test: il primo, quello degli anticorpi, per scoprire se il sistema immunitario del soggetto abbia avuto un precedente incontro con il virus e abbia di conseguenza prodotto anticorpi. Il secondo, il cosiddetto tampone, per verificare se c'è un'infezione di coronavirus in corso al momento.
Vista l'infinità di notizie, teorie e informazioni a riguardo, abbiamo chiesto a Emiliano Albanese, Professore nonché Direttore dell'Istituto di Salute Pubblica dell'Università della Svizzera italiana (USI), di aiutarci a fare chiarezza.
Sulla possibilità di una futura applicazione del passaporto immunitario, il Professore è scettico: «Non posso escludere che determinate autorità doganali o anche privati possano decidere di utilizzare questo strumento per riaprire al pubblico, penso però sia abbastanza improbabile». In generale, secondo l'esperto, ci sono infatti numerosi problemi legati ad un patentino sanitario: «Sussistono problemi etici, legali, economici, e sociali molto complessi e interconnessi tra loro. Ma anche aspetti di salute mentale, poiché c'è un forte elemento di stigmatizzazione che può essere legato al fatto di avere o di non avere un simile passaporto».
Dal lato dell'affidabilità dei test, invece, l'esperto di salute pubblica ci spiega che: «Tutti i test hanno un margine d’errore. Quanto sia grande questo margine d’errore è ancora oggetto di ricerca. Ma ciò che è importante è che anche se i test fossero molto buoni, ovvero senza falsi negativi o falsi positivi, rimangono comunque molti interrogativi sull'efficacia e sulla durata della presunta immunità. Il test ci dice solo che c'è una risposta immunitaria, ovvero che si è entrati in contatto con il virus, ma ciò non significa che un individuo è sicuramente protetto».
Ma è quindi importante la quantità di anticorpi prodotti da una persona? «Il sistema immunitario è complesso, è probabile - ma non sicuro - che qualcuno che abbia anticorpi IgG contro SARS-CoV-2 abbia un certo livello di protezione, ma nel breve-medio periodo» ci spiega il Prof. Albanese, «le IgG calano nel tempo. Una nuova infezione stimola la loro produzione, ma non sappiamo se e come la malattia ed i suoi sintomi si ripresentano».
Si continua inoltre a sentir parlare delle mutazioni del Sars-CoV-2, ma come conferma l'esperto: «Ancora non sappiamo quanto muta, ci sono molti studi in corso. Ciò che sappiamo è come si comporta in generale la famiglia dei coronavirus (della quale il Sars-CoV-2 fa parte), e non abbiamo, al momento, ragione di pensare che in questo caso la situazione sia diversa, quindi in un certo senso le mutazioni sarebbero contenute».
Ma come mai ci vuole tanto tempo per saperne di più sulla mutazione? «I risultati dipendono anche da effetti di stagionalità: il virus muta nel tempo e anche a seconda delle diverse stagioni, dipende da come viene trasmesso e da come si moltiplica, e queste modificazioni devono avvenire prima di poter essere studiate e misurate».
Infine, alla domanda se una persona con gli anticorpi è ancora contagiosa, il Prof. Albanese ci informa che: «è molto plausibile». Questo perché si tratta di un virus «principalmente a trasmissione aerea». In parole semplici, «il sistema immunitario non può avere un'efficacia del 100% su tutte le localizzazioni del virus: se le particelle del virus si trovano molto in alto nelle vie respiratorie, può succedere che il sistema immunitario non riesca a ucciderle, e di conseguenza possono essere trasmesse con le classiche modalità, ad esempio la tosse o gli starnuti».