Un caso negli Stati Uniti fa discutere. La problematica però, a causa dei protocolli statali, sarebbe piuttosto diffusa
NEW YORK - Centinaia, se non migliaia, di dosi di vaccino contro il Covid-19 che finiscono nel cestino dei rifiuti a causa delle linee guida statali.
Il caso, sollevato nelle scorse ore da NBC News, non sarebbe purtroppo isolato. A segnalarlo su Twitter è stato il dottor Ashish K. Jha, medico e decano della Brown University School of Public Health, riportando quanto accaduto a un collega che lavora in prima linea in un pronto soccorso.
Una sera, alla conclusione di un lungo turno di vaccinazioni, sono rimaste alcune dosi inutilizzate del vaccino Moderna. Avendo già vaccinato il personale sanitario che intendeva farlo, e in considerazione dell'interesse da parte del personale di emergenza delle ambulanze e dei pazienti, il medico ha suggerito di destinare le dosi rimaste a queste persone. I protocolli però non lo permettono.
Via libera... ma troppo tardi
Il medico ha tentato così di convincere i vertici del pronto soccorso, senza però riuscirci, e infine anche quelli dell'ospedale. E così arriva il "semaforo verde" da uno degli amministratori. Purtroppo però è troppo tardi: quando il medico cerca di contattare il team addetto alle vaccinazioni il loro turno è già concluso e le dosi inutilizzate, come da protocollo, sono nel frattempo finite nella spazzatura.
«Questo genere di situazioni è piuttosto dilagante», ha spiegato Jha a NBC News, dicendo di aver sentito da numerosi amici e colleghi decine di storie di questo tipo. «Centinaia, se non migliaia, di dosi in tutto il paese vengono buttate ogni giorno. È incredibile». Fare luce sulle cifre effettive del fenomeno è difficile. «Molti ospedali non le riportano» e quelli che lo fanno «vengono messi alla berlina dalla stampa per aver sprecato i vaccini».
Ma perché accade questo?
La causa di questa situazione è legata alla conservazione degli attuali vaccini anti Covid, che richiedono temperature molto basse. Una volta scongelati hanno vita breve e, in virtù dei rigidi protocolli di somministrazione, gli ospedali e i centri sanitari preferiscono rischiare di buttare qualche dose piuttosto che destinarla a qualcuno che, in questo momento, non è incluso tra le fasce prioritarie.