Per Mick Fuller, bisogna fare qualcosa. Secondo i detrattori, però, questo strumento potrebbe ritorcersi contro le donne
SYDNEY - Se il suo intento era, come ha successivamente dichiarato, di lanciare un dibattito sul tema del consenso sessuale, ci è sicuramente riuscito. La proposta del capo della polizia del Nuovo Galles del Sud d'introdurre un'app in cui le persone possano registrare il proprio consenso a un incontro intimo sta infatti facendo discutere in Australia.
«Se due anni fa qualcuno mi avesse detto che ci saremmo registrati con il telefonino ogni volta che ci fossimo seduti al tavolo di un ristorante gli avrei riso in faccia», ha argomentato Mick Fuller sentito da ABC Radio Sydney. Quindi perché non introdurre un'applicazione in cui le persone che prendono parte a un rapporto sessuale possano confermare il loro consenso?
La proposta, ha ammesso Fuller, potrebbe essere «la peggior idea che io abbia avuto quest'anno», ma «la violenza intima, specialmente verso le donne, è un problema criminale per noi al momento e abbiamo bisogno di trovare una soluzione»: «Che l'app venga presa in considerazione o meno penso sia irrilevante», ha sottolineato Fuller. «Penso che la questione sia capire che questo crimine sta aumentando e dobbiamo affrontarlo, che sia attraverso la tecnologia, l'educazione e l'addestramento o altre idee», ha aggiunto.
A confermare che un problema esiste, del resto, sono i numeri. Secondo i dati diffusi dall'ufficio di statistica del Nuovo Galles del Sud, le violenze sessuali denunciate sono aumentate del 10% nel 2020, con 15'000 donne colpite in uno Stato con una popolazione simile, per numero di abitanti, a quella della Svizzera. Solo il 2% dei casi, ricorda ABC News, si è concluso con una sentenza di colpevolezza.
L'app di Fuller, però, non convince i commentatori.
È un'idea «ingenua», mette per esempio in guardia Catharine Lumby, giurista impegnata nella lotta alle molestie sessuali. La «piccolissima minoranza di uomini» che decide di violentare una donna, infatti, non avrebbe difficoltà a manipolare anche la tecnologia.
Per Andrew Dyer, docente di diritto all'Università di Sydney, l'app potrebbe addirittura fare più male che bene. Un consenso dato da un donna prima del rapporto sessuale potrebbe infatti ritorcersi contro di lei in tribunale. Nonostante abbia dato il consenso prima dell'incontro, infatti, la stessa potrebbe aver deciso d'interrompere il rapporto. O potrebbe esserle stato imposto un particolare atto sessuale sul quale non era d'accordo.
«Questa mattina tanta gente ha criticato l'app, ed è una cosa buona, ma nessuno mi ha detto che questo non sia un tema per cui valga la pena lottare», ha commentato più tardi il capo della polizia del Nuovo Galles del Sud. «L'app potrebbe non vedere mai la luce, potremmo non parlarne più, ma io spero che torniamo a parlare di consenso», ha concluso.