Gli ultimi strascichi di una crisi più strategica che economica e di cui di sicuro sentiremo ancora parlare
SYDNEY - Ha lasciato Sydney per tornare a Parigi, e con la coda fra le gambe, l'ambasciatore francese Jean-Pierre Thebault i cui sforzi non sono riusciti a sistemare la crisi, abbastanza clamorosa, relativa a una commessa da 90 miliardi di dollari in sottomarini che Canberra ha deciso di stralciare. In seguito, il Governo australiano ha siglato un accordo analogo con gli Stati Uniti e il Regno Unito.
«Sono triste, come lo sarebbe ogni persona onorevole, pensavo che con l'Australia fossimo amici», ha confermato il diplomatico alla redazione australiana del Guardian, «questo perché so quanto gli australiani prendano sul serio gli accordi presi».
L'accordo in questione, lo ricordiamo, è la vendita di 12 sottomarini da guerra Barracuda, siglata nel 2016 con l'allora premier australiano Malcom Turnbull, per 56 miliardi di euro. Una firma dalla valenza sì economica, ma anche strategica che - di fatto - legava Canberra e Parigi in un'alleanza marittima nell'area fra l'India e il Pacifico.
Ed è proprio la questione strategica del controllo degli oceani che ha verosimilmente spinto gli Stati Uniti a intromettersi, portando al tavolo anche Londra, e stabilendo un'alleanza tricefala - denominata Aukus - fra l'Australia e i sopracitati States e UK. I Paesi nell'alleanza «condivideranno tecnologie riservate per costruire almeno 8 sottomarini nucleari», con l'obiettivo non dichiarato - ma evidente - di frenare le mire cinesi sull'area.
Ed è proprio Pechino a preoccupare soprattutto l'America che, anche sotto Joe Biden, sembra voler mantenere la linea durissima varata dal predecessore repubblicano Donald Trump. Questa volta però più che sulla deterrenza economica, sembra si voglia piuttosto puntare su quella militare. La risposta della Cina non si è fatta attendere e si è già parlato di «mentalità da guerra fredda».
All'accordo Aukus, pare, si stesse lavorando da 18 mesi - con un meeting fra le parti fondamentale avvenuto a ridosso del G7 in Cornovaglia - tenendo non solo Parigi all'oscuro, ma con una parte della diplomazia australiana impegnata a portare avanti le cose con la Francia, con anche incontri fra ministri fino a due settimane fa.
«La sensazione di una pugnalata alle spalle è fortissima», ribadisce Thebault. Secondo altre fonti, compreso il premier australiano Morrison, ripreso dal Washington Post, il fatto che Canberra non stesse perseguendo la linea francese con assoluta convinzione sarebbe stato chiaro a molti, anche nel Governo Macron: «Sapevano che le capacità di quei sottomarini non raggiungevano le nostre necessità strategica», ha confermato ai media Morrison.
Sottomarini in prestito fino al 2040
Gli alleati dell'Aukus stanno ora valutando le loro prossime mosse, una delle quali potrebbe essere il prestito da parte britannica e americana di sottomarini armati almeno «fino al 2040» quando la nazione insulare «potrà gestire la difesa delle sue acque in maniera autonoma». Lo scambio, «oltre ad allargare la flotta permetterebbe anche di formare i militi della nostra marina», ha spiegato il ministro delle Finanze australiano Peter Dutton all'emittente ABC. Al momento, però, i sottomarini nucleari sarebbero esclusi, per motivi relativi alla convinta partecipazione del Paese al Trattato per la non proliferazione delle armi nucleari.