Un'escalation dovuta alla recente risoluzione dell'Aiea considerata ostile da Teheran.
TEHERAN - L'Iran passa dalle parole ai fatti e annuncia l'avvio della produzione di uranio arricchito al 60% nel suo impianto sotteerraneo di Fordo, in una rappresaglia contro la risoluzione adottata la scorsa settimana dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) considerata ostile da Teheran.
La ritorsione iraniana allontana ulteriormente il paese dagli impegni presi nell'accordo del 2015 sul nucleare e provoca la condanna dell'Occidente: secondo Regno Unito, Francia e Germania, «l'escalation» decisa dalla Repubblica islamica non ha «alcuna giustificazione credibile» ed è una «sfida al sistema globale di non proliferazione». E gli Stati Uniti, attraverso il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, esprimono «profonda preoccupazione per i progressi nucleari» iraniani.
«La produzione di uranio arricchito al 60% a Fordo è iniziata lunedì», ha dichiarato il capo dell'Organizzazione per l'energia atomica iraniana, Mohammad Eslami, ricordando che già nei giorni scorsi Teheran aveva minacciato «una reazione seria» alla recente mossa dell'Aiea.
La risoluzione, presentata dagli Stati Uniti e da Regno Unito, Francia e Germania, è la seconda di quest'anno, con il medesimo motivo: l'assenza di risposte «tecnicamente credibili» da parte di Teheran in merito a tracce di uranio arricchito rinvenute in tre siti non dichiarati.
Il dossier è uno dei punti principali su cui sono iniziate le trattative avviate nell'aprile 2021 a Vienna per rilanciare l'accordo Jcpoa, ma i colloqui sono attualmente a un punto morto.
L'Aiea ha confermato le nuove attività di arricchimento a Fordo e «informerà l'Iran della sua intenzione di aumentare la frequenza e l'intensità delle sue verifiche», ha riferito il direttore generale Rafael Grossi.
Eslami ha anche fatto sapere che «l'Iran prevede inoltre una significativa espansione della produzione di uranio a basso arricchimento» fino al 20% a Fordo e ha installato «un secondo edificio produttivo» a Natanz. Già lo scorso anno Teheran aveva annunciato l'avvio della produzione di uranio arricchito al 60% nel sito di Natanz, avvicinandosi pericolosamente al 90% necessario per produrre una bomba atomica.
La soglia del 60% supera di gran lunga quella del 3,67% fissata dall'accordo di sette anni fa tra Teheran e le maggiori potenze e volto a impedire all'Iran di dotarsi di armi nucleari. In base all'accordo, l'Iran aveva accettato di congelare le sue attività di arricchimento a Fordo, un impianto rimesso in servizio nel 2019 e recentemente modificato al fine di ottenere una migliore efficienza.
Il patto del 2015 prevedeva per l'Iran lo sgravio delle sanzioni internazionali in cambio della garanzia di non acquisire armi atomiche, un obiettivo che la Repubblica islamica ha sempre negato di perseguire. Tuttavia, dopo il ritiro degli Stati Uniti dall'intesa nel 2018 e il ripristino delle sanzioni statunitensi, Teheran si è gradualmente sganciata dai suoi impegni, aumentando progressivamente l'arricchimento di uranio nei suoi impianti.
Con l'ultima decisione di Teheran, la ripresa del dialogo sul nucleare appare sempre più difficile. E l'Iran è sempre più isolato a livello internazionale, mentre da mesi incassa dure critiche per i rapporti con la Russia nella guerra in Ucraina e l'incessante condanna del mondo per le violente repressioni delle proteste dopo la morte due mesi fa di Mahsa Amini. Secondo l'organizzazione non governativa Iran Human Rights (Ihr), 416 persone sono morte dall'inizio delle proteste.