L'ex presidente americano avrebbe cercato di ribaltare l'esito delle presidenziali 2020 nello Stato del Sudest degli Stati Uniti.
WASHINGTON - Sembra stringersi il cerchio delle varie inchieste su Donald Trump, che rischia così di veder azzoppata per via giudiziaria la sua ricandidatura alla Casa Bianca.
Gli ultimi sviluppi arrivano dall'inchiesta sulle presunte pressioni sue e dei suoi alleati per ribaltare l'esito delle presidenziale 2020 in Georgia. Si tratta della pubblicazione parziale del rapporto del gran giurì speciale che ha indagato per sette mesi interrogando 75 testimoni. Un organismo che non può incriminare ma può raccomandare di farlo alla procuratrice distrettuale locale Fani Willis, titolare dell'inchiesta, le cui decisioni sono "imminenti". Il giudice Robert McBurney, almeno per ora, ha limitato la pubblicazione del documento - solo sei pagine - per garantire il 'giusto processo' alle persone coinvolte. Non è quindi dato sapere se e chi si raccomanda di incriminare.
Ma dal rapporto emergono due indicazioni che rischiano di aggravare la posizione del tycoon. Primo: i giurati hanno concluso all'unanimità «che non si è verificata alcuna frode di massa nelle elezioni presidenziali in Georgia del 2020 che potrebbe portare al ribaltamento di tali elezioni», respingendo così le accuse e le teorie cospirative avanzate da Trump e dai suoi sostenitori. Secondo: «La maggioranza dei giurati crede che uno o più testimoni possano aver commesso spergiuro» e quindi raccomanda l'incriminazione. La circostanza suggerisce che qualcuno abbia mentito per coprire eventuali reati. Sono circa 20 le persone potenzialmente a rischio, dallo stesso Trump al suo ex avvocato personale Rudy Giuliani, dal capo del partito repubblicano locale David Shafer al senatore Lindsey Graham, un fedelissimo del tycoon che ha fatto di tutto per non deporre.
Due i filoni dell'inchiesta. Il primo ruota intorno all'ormai famigerata telefonata di Trump del 2 gennaio 2021, durante la quale intimò minacciosamente al segretario di stato della Georgia Brad Raffensperger di "trovare" 11.780 voti, quelli di cui aveva bisogno per superare il vantaggio di Joe Biden Jr. nel Peach State. Il secondo è il presunto complotto per reclutare una lista di elettori presidenziali fasulli nelle settimane successive alle elezioni. Quegli elettori si incontrarono in segreto nella capitale della Georgia e firmarono documenti in cui affermavano di essere «elettori debitamente eletti e qualificati», anche se non lo erano.
Il tycoon è tallonato anche da altre inchieste, tra cui quelle del procuratore speciale Jack Smith sui documenti segreti conservati a Mar-a-Lago e sull'assalto del Capitol. Indagine quest'ultima in cui hanno ricevuto un mandato di comparizione come testimoni l'ex vicepresidente Mike Pence e l'ex chief of staff Mark Meadows. Procede anche l'inchiesta civile a Ny da 250 milioni di dollari per la presunta manipolazione del valore degli asset della Trump Organization, la holding di famiglia.
Gongola Joe Biden, che dovrebbe annunciare la sua ricandidatura a breve e che spera di avere come avversario un Trump screditato anche dalla giustizia. Ma deve sperare di non aver fatto passi falsi nella gestione di documenti classificati, che l'Fbi ha continuato a cercare anche nell'università del Delaware, dopo quelli rinvenuti nella sua residenza e in un suo ex ufficio.