Cambiamenti climatici e deforestazione potrebbero essere dei fattori cruciali nella loro diffusione
NEW YORK - Le malattie trasmesse dagli animali agli uomini (malattie zoonotiche) potrebbero causare un numero di vittime 12 volte maggiore nel 2050 rispetto al 2020, secondo uno studio della società biotecnologica statunitense Ginkgo Bioworks con sede a Emeryville, in California. I risultati dello studio, coordinato da Ben Oppenheim, sono stati pubblicati sulla rivista BMJ Global Health.
Questo tipo di malattie potrebbero divenire ancora più frequenti in futuro a causa dei cambiamenti climatici e della deforestazione.
Gli esperti hanno esaminato le tendenze storiche di quattro particolari patogeni virali: i filovirus, tra cui Ebola e il virus Marburg, il Coronavirus SARS 1, il virus Nipah e il virus Machupo, che provoca la febbre emorragica boliviana. Lo studio non ha incluso il SARS-COV-2, che ha causato la pandemia nel 2020. Sono stati esaminati oltre 3150 focolai infettivi tra il 1963 e il 2019, identificando 75 eventi di trasmissione animale-uomo in 24 Paesi.
Il database oggetto dell'indagine comprendeva epidemie segnalate dall'Organizzazione mondiale della sanità, focolai verificatisi dal 1963 che hanno causato la morte di 50 o più persone ed eventi storicamente significativi, tra cui le pandemie influenzali del 1918 e del 1957. Gli esperti hanno considerato 17'232 morti, di cui 15'771 causati dai filovirus e verificatisi principalmente in Africa. I ricercatori hanno affermato che le epidemie sono aumentate di quasi il 5% ogni anno tra il 1963 e il 2019, con un aumento del 9% dei morti.
«Se questi tassi annuali di aumento continuassero, nel 2050 dobbiamo aspettarci un numero di eventi di trasmissione quattro volte maggiore e un numero di morti 12 volte maggiore il rispetto al 2020», sostengono gli esperti.
Secondo i ricercatori si tratta peraltro di sottostime e quella che abbiamo di fronte è «una tendenza pluridecennale in cui le epidemie causate da trasmissioni animale-uomo sono diventate sia più ampie che più frequenti», scrivono. «È necessaria un'azione urgente per affrontare un rischio grande e in crescita per la salute globale», concludono.