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TAIWANMa la Cina intende davvero attaccare (prima o poi) Taiwan?

14.10.24 - 10:30
L'ennesima esercitazione alimenta le tensioni nel Pacifico occidentale. Pechino spende il 7% del suo budget per la difesa attorno all'isola
AFP
Fonte red
Ma la Cina intende davvero attaccare (prima o poi) Taiwan?
L'ennesima esercitazione alimenta le tensioni nel Pacifico occidentale. Pechino spende il 7% del suo budget per la difesa attorno all'isola

TAIPEI - Uno sfoggio muscolare continuo. La Cina nelle ultime ore ha avviato l'ennesima esercitazione militare nelle acque e nei cieli che circondano l'isola di Taiwan. Aerei da caccia e navi da guerra. Quanti? È in realtà poco rilevante. Lo è invece, i misura ben maggiore, un'altra cifra: quei 15 miliardi di dollari circa che Pechino ha speso, nel corso del 2023, per le esercitazioni svolte nel Pacifico occidentale.

Una cifra massiccia - si parla, come riferisce una recente analisi del Global Taiwan Institute - del 7% dell'intero budget annuale che la Cina aveva stanziato per la sua difesa. E che quest'anno - ma ne avremo conferma solamente fra qualche mese - potrebbe anche crescere, se consideriamo che per i dodici mesi in corso Pechino ha previsto una somma pari a 231.36 miliardi di dollari, in crescita del 7.2% rispetto al 2023.

Insomma, il quadro ben delinea quanto tutto ciò che ruota attorno a Formosa sia per il Dragone un'assoluta priorità. Lo dice la frequenza con cui le attività dell'esercito cinese si susseguono in quelle acque e in quei cieli. Ma lo dicono anche la complessità, in crescita, delle stesse operazioni così come l'utilizzo, sempre più frequente, di strumenti tecnologicamente più avanzati. Dal dispiegamento di droni alla messa in campo di tattiche di guerra cibernetica.

Ma in quale direzione soffiano, concretamente, i "venti di guerra" spesso evocati? O meglio, che tipo di azione potrebbe intraprendere la Cina se la questione Taiwan dovesse, realmente, esplodere? Gli analisti citati dall'istituto nelle sue conclusioni sembrano propendere per la via del blocco navale, mirato a "tagliare fuori" lo stretto, piuttosto che verso un attacco su larga scala che avrebbe un bilancio pesantissimo. Motivo per cui Pechino preferisce escluderlo.

C'è però un altro fattore da considerare. L'effetto collaterale, inevitabile, di questa situazione di tensione costante è infatti la scintilla perenne che permea quella regione. Perché queste continue manovre - che nel futuro, considerate le attuali condizioni geopolitiche, non potranno che aumentare - sono un rischio per la stabilità dell'area del Pacifico occidentale. E se la scintilla rimane accesa, il rischio di un incidente non si può mai escludere.

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