Il fratello di Nordahl Lelandais sostiene la tesi del fratello, accusato di aver ucciso la bambina e il caporale
PARIGI - Sven Lelandais è il fratello di Nordahl, l'uomo in carcere con l'accusa di aver ucciso la piccola Maëlys e il caporale dell'esercito Arthur Noyer. L'uomo ha rilasciato un'intervista in esclusiva a Le Parisien dove parla per la prima volta di ciò che viene attribuito al fratello.
A suo dire la tesi difensiva del doppio incidente è plausibile e Nordahl non è quel «freddo assassino» che la stampa ha dipinto. Sven pensa che il fratello non fosse solo la notte della scomparsa di Maëlys, avvenuta il 27 agosto 2017. La bimba sarebbe morta per aver picchiato la testa dopo essere stata messa in auto, ma «l'intenzione di Nordahl non era di darle la morte, assolutamente». Anche la morte di Noyer sarebbe accidentale, sostiene Sven Lelandais: lui e il fratello avrebbero litigato e il giovane avrebbe colpito qualcosa di duro cadendo a terra.
«A un certo punto, è passato il diavolo»: con quest'espressione Sven si spiega cos'è accaduto in entrambi gli episodi. «Non ce lo vedo Nordahl a commettere l'irreparabile volontariamente. Lo sento incapace di fare del male in modo gratuito. Non è da Nordahl. Deve aver avuto un problema». Secondo il fratello «è avvenuto qualcosa d'irrazionale. Non dico che sia un angelo, ma è un uomo normale. Non è un freddo assassino né un serial killer».
Sven Lelandais esclude che il fratello possa aver aggredito Maëlys e Noyer spinto da motivazioni sessuali: «Non lo immagino né pedofilo né omosessuale. Essendo suo fratello, ho sempre visto quelle ragazzine venire a casa». Il successo con le donne non gli mancava, assicura, quindi non aveva bisogno di molestare una bambina. Sven fa visita in carcere al fratello, accompagnato dalla madre. «È una persona che tiene tutto per sé. Non è un pazzo né uno stupido. Ogni volta che parlo con lui gli dico: "Resta forte". È duro come una roccia, ha una formazione militare. Ma è un essere umano, ha una coscienza».
Lelandais ammette di essere molto turbato dalla vicenda: «Ci sono un sacco di domande nella mia testa, ma nessuna risposta». Pensa anche alle famiglie delle vittime: «Comprendo il loro dolore, la loro angoscia. Provo pena per loro».