L'ex presidente ha detto che «è una ulteriore prova della persecuzione politica del governo 'de facto' contro di me»
LA PAZ - La Procura generale della Bolivia ha formalizzato una accusa di «terrorismo e finanziamento del terrorismo» nei confronti dell'ex presidente Evo Morales e ne ha chiesto l'arresto.
La vicenda riguarda una presunta telefonata fatta da Morales a un dirigente 'cocalero' dal Messico, Paese dove si era rifugiato nel 2019 dopo essersi dimesso dalla sua carica, in cui avrebbe chiesto di organizzare, nel quadro di conflitto con il governo transitorio al potere, un blocco della distribuzione di prodotti alimentari alle città capoluogo delle province boliviane.
Da Buenos Aires, dove si trova attualmente in esilio, l'ex capo dello Stato leader del Movimento al socialismo (Mas), favorito nelle elezioni del prossimo 6 settembre, ha reagito via Twitter respingendo le accuse, definite «illegali» e «incostituzionali».
Nell'accusa la Procura sostiene che esistono prove, fra cui l'intercettazione di una telefonata di Morales dal Messico con il leader 'cocalero' Faustino Yucra in cui vengono date le disposizioni di bloccare le città per impedire l'ingresso di generi alimentari.
L'ex capo dello Stato ha risposto che «in modo illegale e incostituzionale la Procura vuole incriminarmi utilizzando un audio alterato. Questa è una ulteriore prova della persecuzione politica del governo 'de facto' contro di me». «Presto - ha concluso torneranno in Bolivia democrazia e stato di diritto».
È la seconda volta che la Procura boliviana chiede l'arresto del primo presidente indigeno che ha governato la Bolivia dal 22 gennaio 2006 al 10 novembre 2019, avendolo fatto già senza successo per gli stessi fatti nel dicembre scorso con l'imputazione di «terrorismo e sedizione». Inoltre in febbraio la stessa giustizia boliviana ha aperto un secondo procedimento per «brogli elettorali» nei confronti dell'ex capo dello Stato.
Fra ottobre e novembre 2019 la Bolivia fu al centro di gravi tensioni sociali e politiche, con un bilancio di 36 morti, a seguito dell'annullamento delle elezioni presidenziali che avevano assegnato la vittoria a Morales al primo turno.
Il risultato fu contestato dall'opposizione che denunciò l'esistenza di brogli. Le manifestazioni e un "invito" da parte dei militari spinsero il capo dello Stato alle dimissioni. Il Tribunale supremo elettorale (Tse) ha convocato nuove presidenziali per il 3 maggio, rinviate al 6 settembre per la presenza in Bolivia della pandemia da coronavirus. Morales non si presenta, ma il candidato del Mas, l'ex ministro Luis Arce, è favorito con il 33,3% delle intenzioni di voto.