Aumenta il pressing internazionale sul Myanmar. Il golpe nell'ordine del giorno del Consiglio di sicurezza Onu
Gli Stati Uniti hanno già minacciato di voler ripristinare le sanzioni verso il paese asiatico.
YANGON - «L'esercito ci ha già governati per cinque decenni. Ottenere la democrazia è stato un grande sforzo e poi, da un giorno all'altro, è scomparsa. Non ci aspettiamo più nulla di buono da questo paese». C'è rabbia sotto l'apparente tranquillità che si respira oggi nelle strade di Yangon, l'ex capitale (fino al 2005) della Birmania.
Il colpo di Stato della giunta militare, attuato nel giorno in cui il Parlamento del Myanmar si sarebbe dovuto riunire per la prima volta dopo le ultime elezioni e già condannato dalla comunità internazionale, ha fatto riemergere quegli spettri che il paese asiatico aveva iniziato a tentare di scrollarsi di dosso una decina di anni fa. «Non hanno né la capacità né il diritto di comandarci. Non hanno alcun rispetto per la gente», ha raccontato a un corrispondente del Guardian a Yangon un cittadino birmano, che sul finire degli anni '80 si era visto costretto a fuggire dal proprio paese in Thailandia.
A innescare il golpe militare, guidato dal generale Min Aung Hlaing - capo delle forze armate e già vicepresidente -, sarebbero state le presunte irregolarità delle ultime elezioni legislative, che hanno visto trionfare la Lega nazionale per la democrazia (conquistando 368 seggi su 434) di Aung San Suu Kyi. Un risultato che avrebbe fortemente ridimensionato il potere dell'esercito sulla politica.
Parte delle speranze della popolazione birmana sono affidate alle risposte della comunità internazionale. Gli Stati Uniti hanno già minacciato di voler ripristinare le sanzioni contro il Myanmar se la giunta non dovesse liberare i parlamentari e la presidente. E oggi sarà il turno delle Nazioni Unite, il cui Consiglio di sicurezza ha messo all'ordine del giorno la discussione sul golpe.