All'orizzonte nessuna tregua. Il generale Kochavi: «Prepararsi a un conflitto senza limiti di tempo»
TEL AVIV / GAZA - Divampa la guerra tra Israele e Hamas con i razzi da Gaza che sono arrivati anche su Tel Aviv e lo Stato ebraico deciso a proseguire «senza limiti di tempo» in un conflitto "esteso" che ha già provocato decine di vittime.
Dopo gli scontri di ieri, una pioggia di missili si è abbattuta per tutta la giornata su Israele: circa 480, più altri 130 sparati in serata verso Tel Aviv, dove a più riprese sono risuonate le sirene d'allarme. Uno di questi ha centrato un edificio a Rishon Lezion, non lontano dalla città, uccidendo una donna e provocando diversi feriti.
L'esercito israeliano ha risposto con decine e decine di attacchi contro obiettivi di Hamas e della Jihad islamica: uno di questi ha colpito un edificio di 12 piani, facendo collassare l'intera struttura. Secondo fonti israeliane, prima dell'attacco i residenti erano stati avvisati più volte di lasciare il palazzo che avrebbe ospitato «comandi di organizzazioni terroristiche».
Da una parte ci sono almeno 28 morti (anche "dieci bambini", secondo le autorità di Gaza) e 175 feriti, tra cui importanti comandanti delle fazioni armate palestinesi. Mentre in Israele - protetto dal sistema di intercettazione anti missili Iron Dome - si contano tre vittime: la donna morta nei pressi di Tel Aviv e altre due colpite da un razzo che ha centrato un edificio ad Ashkelon. I feriti, solo in questa città, sono più di 70, mentre l'intera popolazione del sud di Israele è costretta nei rifugi.
«Nessun limite di tempo»
Dopo una giornata di escalation, Benyamin Netanyahu ha annunciato di aver deciso insieme all'apparato militare di «accrescere ancora di più la potenza e il ritmo degli attacchi» di quella che è stata chiamata Operazione Guardiani delle Mura. «Hamas - ha minacciato il premier israeliano - riceverà un colpo che non si aspetta». Per questo sono stati richiamati 5mila riservisti e schierati a ridosso del confine con Gaza la Brigata Golani e i tank della 7/a Brigata corazzata. «Tutti i comandi - ha incalzato il capo di stato maggiore Aviv Kochavi - devono prepararsi ad un conflitto più esteso senza limiti di tempo».
Nella Striscia è tornata l'atmosfera cupa delle guerre del 2012 e del 2014, mentre Hamas e la Jihad hanno esaltato la loro Operazione Spada di Gerusalemme - con un chiaro riferimento agli scontri sulla Spianata delle Moschee - che ha visto la cittadina costiera di Ashdod colpita da una gragnuola di 40 razzi Grad.
Su Ashkelon poi Hamas ha rivendicato il tiro dei muovi missili Sijeel, in grado a suo dire di evitare l'intercettamento dell'Iron Dome: «È una risposta - ha spiegato Hammed a-Rakeb, un dirigente di Hamas - ad attacchi lanciati in precedenza da Israele contro appartamenti dove si trovavano comandanti militari».
Non a caso, visto che come ammesso dallo stesso Netanyahu e da Kochavi Israele vuole colpire innanzi tutto l'elite di comando dei bracci militari delle fazioni palestinesi. Tra questi è stato ucciso Iyad Fathi Faik Sharir, comandante delle unità anticarro di Hamas.
Nessuna tregua all'orizzonte
Appare remota al momento una possibile tregua, mediata dall'Egitto: Israele ha seccamente smentito che sia questa l'ora. «Scopo dell'operazione in corso - ha precisato il ministro della Difesa Benny Gantz - è colpire Hamas duramente, indebolirla e farle rimpiangere la sua decisione di lanciare i razzi. Ogni bomba ha un indirizzo. Continueremo nelle prossime ore e giorni». Nell'ultimo attacco sulla Striscia, lo Stato ebraico ha usato 80 velivoli e tra questi alcuni F-35.
Commentatori e analisti prevedono che non finirà presto: i fatti di Gerusalemme sono diventati il catalizzatore di una guerra che negli anni scorsi era stata più volte sfiorata. Quei fatti hanno avuto un'altra conseguenza pesante per Israele: l'aperta insofferenza di una parte della società arabo-israeliana. Incidenti gravi sono avvenuti in molte cittadine a popolazione mista.
Soprattutto a Lod, dove dimostranti arabi hanno attaccato residenti ebrei in alcuni rioni della città. Due dimostranti sono stati feriti da colpi di arma da fuoco e uno di essi è deceduto poco dopo. Secondo i media, a sparare è stato un ebreo che temeva il linciaggio da parte dei manifestanti che avevano già attaccato un commissariato di polizia, un museo e un collegio rabbinico.
Scontri si sono verificati anche a Ramle e di nuovo a Lod. «Gli arabi israeliani - ha attaccato Netanyahu - si sono comportati in maniera selvaggia e non accettiamo questo comportamento da scalmanati».
Gli appelli inascoltati
Difficile che in questa situazione i ripetuti richiami della comunità internazionale alla de-escalation possano trovare ascolto. In serata gli Stati Uniti di Joe Biden si sono appellati ad entrambe le parti per porre fine «alle deplorevoli morti di civili» e hanno rilanciato la soluzione dei due Stati come unica via d'uscita possibile alla crisi mediorientale. Ma stanotte è ancora l'ora delle bombe.