L'attacco, perpetrato al confine nord del Burkina Faso, è il più grave dal 2015.
Il segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres: «Massima urgenza nell'intensificare il sostegno verso gli Stati Membri nella lotta contro l'estremismo violento».
SOLHAN - Sono almeno 160 le persone uccise nel corso di un raid notturno, avvenuto tra venerdì e sabato, nel villaggio di Solhan, a nord del Burkina Faso, a ridosso del confine con il Niger.
Il gruppo che ha compiuto il massacro - ha reso noto il governo del Paese dell'Africa occidentale - ha inoltre bruciato diverse abitazioni e il mercato locale. I corpi delle vittime, secondo quanto riferito da fonti di sicurezza, sono stati sepolti in fosse comuni. Il bilancio la rende la strage più grave registrata nel paese dal 2015.
Nel citare i responsabili dell'assalto, il governo burkinabé ha parlato di terroristi senza però fare riferimento a un particolare gruppo armato. E per il momento la strage non è ancora stata rivendicata da nessuno.
La matrice dell'attacco sarebbe però quella jihadista, a conferma di un'escalation di violenza che, dall'inizio dell'anno, ha visto crescere nella regione del Sahel il numero di attacchi perpetrati per mano dei gruppi militanti islamisti.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, attraverso il suo portavoce, ha dichiarato di essere «indignato per l'uccisione di oltre un centinaio di civili, tra i quali anche sette bambini» e ha condannato l'attacco, richiamando la comunità internazionale sull'urgenza di «intensificare il proprio sostegno verso gli Stati Membri nella lotta contro l'estremismo violento e il suo inaccettabile costo umano».