Un nuovo rapporto rivela le strategie di Pechino «per eliminare il dissenso»
XINJIANG - Chiusi in campi rieducativi per anni. Allontanati dalle proprie famiglie. Dei testimoni parlano anche di genocidio. Della questione uiguri si parla da anni, ma il rapporto di un think tank oggi rivela la strategia di oppressione da parte di Pechino sullo Xianjiang.
Repressione, controllo e rieducazione. Sono i tre principi fondamentali della campagna di Pechino nella regione autonoma dello Xinjiang. Ma che così autonoma in realtà non è. Nel 2017 è arrivata la prima denuncia di una campagna che va avanti dal 2014. Gli uiguri, una popolazione a maggioranza musulmana, viene perseguitata dal governo cinese. Ma non solo. Questo è entrato nella vita quotidiana della popolazione per esercitare una pressione sulle emozioni, i valori e l'educazione al fine di creare quello che il partito-stato cinese chiama «stabilità globale».
Un rapporto del think tank, ovvero un organismo indipendente dalle forze politiche, Australian Strategic Policy Institute (Aspi) rivela come il governo cinese stia utilizzando, tra le altre cose, la polizia predittiva, ovvero un sistema matematico e analitico utilizzato per identificare delle potenziali attività criminali.
Oltre alla tecnologia, vengono utilizzate delle persone, riunite in comitati che secondo i ricercatori rispecchiano «i comitati rivoluzionari di quartiere dell'era Mao» che fanno riunioni quotidiane e delegano visite a domicilio, nonché indagini e valutano se qualcuno ha bisogno della rieducazione. Questa consiste nell'essere deportato in un campo di lavoro forzato che agisce sulle persone in modo da cambiarle, che la Cina afferma essere invece un luogo di formazione. Si parla di più di un milione di persone.
L'Aspi inoltre, insieme al rapporto, pubblica diversi manuali d'istruzione che i comitati e la polizia devono seguire nella gestione dello Xinjinag. Per esempio mostrano che quello della città di Kashgar consiglia di «mostrare calore agli uiguri e dare caramelle ai bambini» mentre li osservano. Il rapporto, come riporta il Guardian, afferma che «i meccanismi di controllo basati sulla comunità dello Xinjiang fanno parte di una spinta nazionale per migliorare la governance di base, che cerca di mobilitare le masse per aiutare a eliminare il dissenso e l'instabilità e per aumentare il dominio del partito negli strati più bassi della società».