Le parole della presidente Tsai Ing-wen a fronte di una tensione sempre altissima con Pechino e l'alleanza con gli Usa
TAIPEI - A soli 200 chilometri dalla costa cinese, con i suoi 23 milioni di abitanti e una storia di rivalsa e indipendenza, è una vista intollerabile per Pechino. Per questo motivo nelle scorse settimane ha alzato ulteriormente la pressione con una serie di manovre aeree non apertamente aggressive ma che restano una dichiarazione d'intenti, anche nei confronti degli avversari della Cina e soprattutto degli Stati Uniti.
Taiwan, al momento, si trova fra due fuochi: «Ogni giorno ci impegniamo duramente per proteggere tutti quanti sull'isola così come i valori della democrazia e della libertà», spiega in un'intervista esclusiva ai microfoni della Cnn la presidente Tsai Ing-wen, «non possiamo fallire, altrimenti sarebbe come se questi valori fondamentali non contassero più nulla».
L'inasprimento dei rapporti fra Taipei e Pechino è figlio di un rinnovato interesse per la politica occidentale che ruota attorno agli Stati Uniti per quella che risulta essere una pedina fondamentale nello scacchiere strategico globale.
«Sì, ci sono soldati americani su Taiwan e ci stanno aiutando ad addestrare le nostre truppe a scopo difensivo», ha confermato per la prima volta Ing-wen, «non sono tanti, o almeno non così tanti come la gente crede». Gli ultimi dispiegamenti americani sull'isola erano stati ufficialmente ritirati nel 1979, un ritorno delle truppe Usa era stato vociferato ma mai confermato.
Una cooperazione, quella con gli States di Joe Biden, che continua a fronte della rinnovata spinta d'espansione cinese. Da cui l'appello della presidente ad altri Paesi nell'area - fra i quali Australia e Corea del Sud, con i quali gli Stati Uniti sono in buoni rapporti - a riunirsi: «Quando un regime autoritario mostra tendenze espansionistiche, i Paesi democratici dovrebbero fare fronte comune. Se Taiwan cade, la democrazia globale è a rischio».
Malgrado Pechino abbia ufficialmente dichiarato di non riconoscere il governo di Taiwan e non abbia intenzione di averci a che fare, per Ing-wen la diplomazia resta ancora una possibilità, per quanto remota: «Se potessimo sederci a un tavolo e discutere, visto la differenza dei nostri sistemi di governo, potremmo appianare le nostre divergenze e trovare un punto d'incontro».