Nel 2023, si contano già 133 sparatorie di massa con 189 morti. Cifre di un problema a cui gli Stati Uniti non riescono a trovare soluzione.
Nella strage di poche ore fa, in una scuola di Nashville, sono rimaste uccise sette persone: 6 vittime e l'attentatrice, uccisa in uno scontro a fuoco con la polizia.
NASHVILLE - La linea la tracciamo subito dopo i fatti di Nashville, con la consapevolezza che già nei prossimi giorni le cifre che ci apprestiamo a presentare cresceranno. Siamo al 27 di marzo e negli Stati Uniti si sono già verificate 133 sparatorie di massa: i morti sono già 189.
Sono numeri che tracciano la cornice di un problema arcinoto, al punto da - se si escludono i casi più eclatanti, spesso determinati da circostanze particolari, come, appunto, quello che ha provocato sei morti (a cui si somma l'attentatrice, rimasta uccisa dopo la strage) poche ore fa nello stato del Tennessee - non fare quasi più notizia. Un problema che gli States proprio non riescono, o forse non vogliono del tutto, risolvere. I numeri di quest'anno mettono in luce una situazione peggiore di quella vista l'anno scorso (139 morti in 133 sparatorie nei primi tre mesi) e l'anno prima ancora (145 morti in 128 sparatorie nello stesso periodo).
Audrey Elizabeth Hale, l'autrice della strage alla Covenant School di Nashville, di cui era stata studente, aveva con sé fucili semiautomatici e pistole. All'arsenale in suo possesso si possono aggiungere poi, almeno, due fucili a pompa, uno dei quali con le canne segate; entrambi sono stati rivenuti nella sua abitazione. Almeno due delle armi utilizzate nella strage, stando a quanto riportato dalla stampa d'oltreoceano, erano state acquistate legalmente.
Se è innegabile che ogni singola strage costituisce un quadro a sé, con un retroterra che va approfondito e analizzato nella sua unicità, altrettanto lo è il fatto che questa interminabile sequenza di stragi ha un chiaro denominatore comune: sono le armi da fuoco. Quelle a cui, negli Stati Uniti, è (molto) spesso troppo facile avere accesso e che consentono di tradurre nel mondo reale i folli propositi che prendono forma nell'ombra di alcune menti. Perché sembra scontato dirlo, ma da solo, un cervello, per quanto possa essere malintenzionato e folle, non spara.
Straziante e tipica, «una scena americana»
È il più "americano" dei problemi. Ed è più che mai eloquente l'istantanea che la Cnn propone oggi in una sua analisi. «Una catena umana di bambini, che si tengono per mano, scortata da agenti di polizia, che fugge dall'ultima scuola colpita da una tragedia incomprensibile. Lunedì è stato il turno di Nashville di unirsi alla lista delle città rese tristemente famose dall'epidemia di sparatorie che una grande fetta del paese sembra tacitamente disposta ad accettare come prezzo da pagare per avere il diritto di possedere armi da fuoco molto potenti». Il punto? «È difficile immaginare una scena americana più straziante e» al contempo «tipica».
Prima ancora che il sangue delle sei vittime di Nashville - tra le quali ci sono anche tre bambini di 9 anni - potesse rapprendersi, il presidente degli Stati Uniti è tornato a rilanciare il proprio appello al Congresso, chiedendo una stretta decisa sulle armi d'assalto. «Dobbiamo fare di più per fermare la violenza legata alle armi da fuoco», ha detto, chiedendo di dare luce verde alla sua proposta, figlia di una battaglia che Biden si è intestato sin dall'alba della sua Amministrazione. Ma il Congresso attuale è a trazione repubblicana. E questo rende improbabile che una tale proposta di legge possa diventare realtà nel corso di quest'anno.
Un calderone opaco
Ma quante sono le armi in circolazione negli Stati Uniti? Non lo sappiamo. Allo stato attuale, i distributori autorizzati devono tenere un registro delle armi vendute ma al contempo non è in vigore alcun obbligo di fornire questi dati al Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l'agenzia governativa di riferimento che fa capo al Dipartimento di Giustizia a stelle e strisce. È una delle, non poche, opacità di un sistema non privo di falle. A partire da quelle che vanificano i cosiddetti background check; richiesti per legge se si acquista un'arma da un rivenditore autorizzato.
Apriamo una piccola parentesi sui suddetti rivenditori. Sappiamo quanti sono: circa 59mila. Quasi il doppio rispetto agli uffici postali e - stando alle cifre di Everytown - quattro volte il numero di ristoranti McDonald's.
Torniamo alle falle. Un esempio concreto è quello che viene chiamato "Charleston loophole", che consente di dare il via libera alla vendita di un'arma dopo tre giorni (lavorativi) anche se il background check non è stato ultimato. Solo 22 Stati (su 50) hanno adottato politiche per contrastarlo. In California ad esempio viene richiesto un periodo di 10 giorni per la vendita di qualsiasi arma; nel Colorado l'arma viene consegnata solo quando il check è stato completato; e altri Stati, come Delaware, New York e Connecticut, hanno semplicemente esteso i tempi, rispettivamente, a 25, 30 e 60 giorni. Ma si parla sempre di rivenditori autorizzati. Poi c'è tutto il resto.
Ma esiste una soluzione per ampliare le maglie di questi controlli e fermare, una volta per tutte, la sequenza di stragi? Per Kris Brown, la presidente del movimento "Brady: United Against Violence" c'è. Non solo, «è proprio di fronte a noi e lo è stata per tanto tempo», ha dichiarato alla Cnn poche ore dopo i fatti di Nashville. Ma per trasformarla in realtà servono, ovviamente, i voti. «Assicurare che ogni Stato abbia una legge di protezione contro i rischi estremi. Assicurate che ogni Stato abbia un sistema di permessi... e assicurarsi che, in tutto il Paese, ci sia un nuovo divieto per le armi d'assalto»; e tutto questo passa dalle urne.