Il primo ministro e il suo partito non sono riusciti a raggiungere la maggioranza parlamentare. Ora si scende a patti
NEW DEHLI - I risultati delle elezioni parlamentari indiane hanno sorpreso molti analisti politici. Dopo mesi di intensa campagna politica e settimane in cui centinaia di milioni di indiani si sono recati alle urne, si pensava che il primo ministro Narendra Modi e il suo partito Bharatiya Janata avrebbero raggiunto la maggioranza parlamentare. Niente di più lontano dalla realtà.
Dei 271 seggi necessari per ottenere la maggioranza e formare il governo, il partito del primo ministro ne ha ottenuti solo 240. A confronto, la coalizione di partiti che forma l'opposizione - capitanata dal partito del Congresso nazionale indiano - ne ha ottenuti 240.
I giorni di Modi sono dunque giunti al termine? Lo sono sicuramente i timori e le preoccupazioni per cui la più grande Democrazia al mondo si stava lentamente trasformando in un sistema eccessivamente presidenziale, con al suo centro la figura di Modi, che regnava incontrastata.
Non mancano gli episodi che testimoniano del carattere autoritario e privo di legittimità parlamentare del governo di Modi. Quando nel 2016 invalidò gran parte della moneta in circolazione, neanche il suo ministro delle Finanze era al corrente della decisione. Quando impose la legge marziale negli Stati del Kashmir e del Jammu - unici Stati indiani in cui risiede una maggioranza islamica - presentò la decisione a giochi fatti e senza chiedere l'approvazione del Parlamento.
Si temeva che la sua ricetta politica, composta da prosperità economica, lotta alla corruzione e Hinduismo, fosse abbastanza persuasiva e forte da aumentare il suo potere a dismisura, fino al punto di soffocare la tradizione democratica nel Paese.
Ora, il leader sarà costretto a fare un passo indietro. Soprattutto perché le personalità a capo dei principali partiti di opposizione - si parla in particolare di Chandrababu Naidu e Nitish Kumar - sono dei tecnocrati e quindi affini al rispetto dei meccanismi che sorreggono le attività del Parlamento, oltre a essere entrambi avvocati di professione.
E di questo è consapevole anche lui. In un difficile discorso alla nazione, il primo ministro ha definito i risultati delle elezioni come «una celebrazione della democrazia».