Greta Thunberg spara contro la conferenza sul clima (Cop29). Nel mirino il Paese ospitante
BAKU - La conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop29), quest'anno, è ospitata da uno «Stato autoritario, che basa la sua economia sulla produzione di petrolio e che non rispetta i diritti umani». Sono le parole di Greta Thunberg che, sulle pagine del Guardian, si è lasciata andare a una lunga serie di accuse nei confronti dell'Azerbaijan e in particolare della Socar Oil Company, di proprietà dello Stato azero (e con sede in Svizzera), che è responsabile del 90% dalle esportazioni del Paese.
«Come può uno Stato simile ospitare la più importante conferenza sul clima a livello mondiale», si è chiesta Thunberg, che non ha risparmiato accuse sui crimini di guerra dell'Azerbaijan ai danni della popolazione armena del Nagorno Karabakh. «Il regime - ha aggiunto l'attivista - si è reso colpevole di crimini di guerra, oltre alla repressione della sua popolazione e della società civile».
Ma le critiche non finiscono qui, dato che il Paese è «responsabile per il 40% delle importazioni di petrolio dello Stato di Israele» e contribuisce dunque «a fomentare la guerra a Gaza». Si tratta di una relazione mutualmente "benefica" perché «le armi usate dall'Azerbaijan nel Nagorno Karabakh provengono in gran parte da Israele».
Dunque, una conferenza sul clima organizzata da uno Stato del genere - sempre secondo la Thunberg - non potrà mai sperare di ottenere risultati concreti, ma produrrà unicamente grandi campagne comunicative incentrate sul greenwashing: «L'immagine dell'Azerbaijan riportata dai media è una versione imbiancata e "greenwashata", che il regime di Baku cerca disperatamente di far passare. Ma non illudetevi, si tratta di uno Stato repressivo e accusato di pulizia etnica», ha concluso l'attivista.