Lunedì sera un'auto lanciata contro la folla ha ucciso ben 35 persone.
PECHINO - La Cina ha promesso di rafforzare gli standard di sicurezza generali a fronte di una nazione sconvolta dall'attacco di Zhuhai, nel Guangdong, che lunedì sera ha visto un'auto lanciata contro la folla, uccidendo ben 35 persone. Il presidente Xi Jinping, intervenuto sulla vicenda, ha esortato le autorità locali a trarre lezioni dall'incidente e a «rafforzare la prevenzione e il controllo dei rischi alla fonte».
L'episodio inedito e gravissimo, ultimo di una serie che ha contribuito a demolire le certezze in un modello considerato tra i più sicuri al mondo, ha visto l'autore del gesto, un uomo di 62 anni, colpire e abbattere decine di persone nell'area esterna di un centro sportivo. Oltre al numero impressionante di vittime, i feriti sono saliti a quota 46, secondo i media locali.
Per un attacco così grave in Cina bisogna tornare ai fatti del 2014, attribuiti ai militanti musulmani di etnia uigura: cinque attentatori si fecero esplodere e uccisero 39 persone a Urumqi, capoluogo dello Xinjiang, mentre un'aggressione a colpi di coltello a Kunming, capoluogo dello Yunnan, causò 31 morti. I due eventi prepararono il terreno per la dura stretta di Pechino sull'etnia uigura, condannata poi dalla comunità internazionale.
Prima di Zhuhai, diversi incidenti violenti in Cina avevano catturato l'attenzione e suonato più campanelli d'allarme: a ottobre, addirittura a Pechino, un uomo aveva ferito cinque persone, tra cui alcuni minori, fuori da una delle principali scuole primarie della città, in una rara aggressione nella capitale cinese. Un mese prima, invece, uno studente nipponico di 10 anni era stato accoltellato a morte vicino alla scuola nipponica a Shenzhen, causando la protesta di Tokyo e l'imbarazzo di Pechino che aveva derubricato l'evento a "fatto isolato".
Il movente dell'attacco di Zhuhai rimane poco chiaro: l'autore, secondo i media mandarini, era disoccupato ed è stato ricoverato con ferite multiple da coltello al collo e al petto, apparentemente autoinflitte. La polizia ha riferito che Fan, questo il suo cognome, era arrabbiato per un accordo di divorzio.
Sui social, a dispetto della censura, diversi commenti hanno puntato il dito verso il logoramento dell'ambiente sociale interno cinese, tra prospettive economiche in declino, alta disoccupazione e controlli sociali sempre più invasivi.