Per la prima volta l'Unione europea ha un debito comune per finanziare politiche e programmi
BRUXELLES - Un Recovery Fund da 750 miliardi di euro che premia soprattutto Italia e Spagna, un aumento dei 'rebates', o sconti sul bilancio, ai Paesi frugali, una soluzione sulla condizionalità legata allo stato di diritto che fa cantare vittoria persino all'Ungheria.
Di seguito i punti dello storico accordo che per la prima volta dà vita a un debito comune dell'Unione europea, per finanziare politiche e programmi dei singoli Paesi.
Recovery Fund - Resta a 750 miliardi di euro, come lo aveva immaginato la Commissione, di cui 390 miliardi di sussidi e 360 di prestiti. In totale cala quindi la parte di sussidi, che la von der Leyen aveva fissato a 450. Ma all'Italia poco importa, perché su quella voce non perde nulla e addirittura guadagna sulla voce prestiti: in totale le arriveranno 209 miliardi, 82 di sussidi e 127 di prestiti, un piatto ancora più ricco della proposta iniziale che le assegnava 82 di sovvenzioni e 91 di prestiti. La sforbiciata della posta generale dei sussidi ha ridotto invece i trasferimenti spacchettati tra i programmi, che ora sono 77,5 miliardi (rispetto ai 190 mld pensati dalla Commissione). In particolare, è stata azzerata la dotazione di Eu4Healt, il nuovo programma europeo per la sanità. A farne pesantemente le spese anche il Just Transition Fund e il Fondo agricolo per lo sviluppo rurale.
Bilancio e rebates - Il bilancio europeo 2021-2027 è rimasto a 1.074 miliardi d'impegni. Ma sono stati accontentati i frugali ampliando i rebates, i rimborsi introdotti per la prima volta su richiesta del Regno Unito ai tempi di Margaret Thatcher, che con la Brexit molti leader Ue avrebbero voluto cancellare. In alcuni casi, come quello dell'Austria, sono stati raddoppiati. Alla Danimarca sono andati 322 milioni annui di rimborsi (rispetto ai 222 milioni della proposta di sabato); all'Olanda 1,921 miliardi (da 1,576 miliardi); all'Austria 565 milioni (da 287) e alla Svezia 1,069 miliardi (da 823 milioni).
Governance - È stata l'aspra battaglia che ha visto scontrarsi duramente Conte e Rutte per chi valuterà i piani di rilancio dei singoli Paesi e approverà ogni esborso. I piani saranno approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, in base alle proposte presentate dalla Commissione. La valutazione sul rispetto delle tabelle di marcia e degli obiettivi fissati per l'attuazione dei piani nazionali sarà affidata al Comitato economico e finanziario (Cef), gli sherpa dei ministri delle Finanze. E qui scatta il 'super freno di emergenza': se in questa sede, «in via eccezionale», qualche Paese riterrà che ci siano problemi, potrà chiedere che la questione finisca sul tavolo del Consiglio Europeo prima che venga presa qualsiasi decisione.
Stato di diritto - La Commissione voleva legare i fondi al rispetto delle regole democratiche, ma l'Ungheria e la Polonia, sotto procedura proprio per questo, si sono opposte. Alla fine la condizionalità è stata molto diluita: sarà la Commissione, in caso di violazioni, a proporre misure di stop ai fondi che il Consiglio potrà adottare a maggioranza qualificata.