L'ex vicepresidente ha spezzato più di una lancia a favore del tycoon, senza però prendere una posizione netta
WASHINGTON - Mike Pence fa l'equilibrista mantenendo una linea ambigua rispetto a Donald Trump. Dopo averlo criticato nel suo libro di memorie su vari fronti, ha spezzato due lance a suo favore nelle altrettante inchieste federali in cui è coinvolto il tycoon, quella sull'assalto al Capitol e quella sui documenti classificati conservati a Mar-a-Lago dopo la fine del suo mandato.
In una intervista a Nbc, l'ex vicepresidente ha ribadito che «nessuno è sopra la legge» ma ha auspicato che i procuratori federali «diano una attenta considerazione prima di prendere ulteriori misure» nelle indagini sul ruolo di Trump nella mobilitazione della folla contro il Congresso.
A suo avviso l'allora presidente stava «ripetendo quello che stava sentendo dal gruppo di avvocati che lo circondavano». E quando gli è stato chiesto se pensa che Trump abbia commesso un crimine, Pence ha risposto: «Non so se sia criminale ascoltare il cattivo consiglio di avvocati» che stavano assistendo il presidente negli sforzi per seminare sfiducia sulla sua sconfitta nei confronti di Biden.
Peccato che, come è emerso dall'inchiesta parlamentare, molti consiglieri del tycoon lo avessero messo in guardia dal tentativo di ribaltare il voto dopo che quasi tutti i tribunali avevano respinto i ricorsi sui brogli.
Quanto al sequestro da parte dell'Fbi di documenti classificati a Mar-a-Lago, Pence ha suggerito che le autorità federali avessero delle opzioni alternative per recuperare quelle carte. A suo parere, così è stato lanciato un messaggio «sbagliato» e «divisivo», in particolare «al più ampio mondo che guarda all'America come allo standard ideale di riferimento».