Finalmente la parola sull'operazione Ubs/Cs va ai cittadini: tutto sul sondaggio condotto da gfs.bern e pubblicato oggi.
BERNA - Il 54% degli svizzeri si è detto o «totalmente in disaccordo» o «piuttosto in disaccordo» in relazione all'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. È quanto emerge da un sondaggio condotto da gfs.bern e pubblicato oggi.
Ad essere invece «totalmente d'accordo» è solamente il 5% degli interpellati, che nel 30% dei casi si sono detti "piuttosto concordi" con la decisione adottata sotto l'egida del Consiglio federale, che ha potuto invocare il diritto di necessità.
Gli elettori dei Verdi e dell'UDC sono risultati essere i più insoddisfatti, con percentuali rispettive del 62% e 61%. Quelli liberali e del centro sarebbero invece piuttosto d'accordo con l'operazione finanziaria.
Uno sguardo ai dati relativi alle regioni linguistiche rivela che i partecipanti tedescofoni sono per il 56% in disaccordo, seguiti dagli italofoni (51%) e dai francofoni (47%).
La nazionalizzazione non è un tabù - Per quanto riguarda le possibili alternative, il 40% degli intervistati ritiene che una nazionalizzazione temporanea di CS sarebbe stata una soluzione migliore. Il 32% preferisce un'acquisizione da parte di UBS, mentre il 16% ritiene che entrambe le soluzioni siano equivalenti. Il 12% è indeciso.
Il sostegno a un'acquisizione di CS da parte della Confederazione è relativamente alto, non solo a sinistra ma anche tra gli elettori dell'UDC, notano gli autori dello studio. Il 46% degli intervistati di area PS avrebbe preferito questa soluzione, rispetto al 44% degli intervistati vicini all'UDC e al 42% dei Verdi.
Alla domanda sulle emozioni provate per la caduta di CS, il 66% degli intervistati si è detto arrabbiato. Sebbene questo sentimento sia più forte a sinistra, è condiviso da una maggioranza di tutti gli schieramenti politici, così come quello dell'insicurezza.
Ciò si riflette anche nelle richieste politiche dei partecipanti al sondaggio: il 96% ritiene che i responsabili della strategia di CS debbano essere chiamati a rispondere delle loro azioni.