Tornano The Black Heidis con un nuovo album e la consueta carica di energia. Domani il vernissage al Teatro Paravento
LUGANO - S'intitola "Fino alla nausea" il nuovo disco firmato The Black Heidis, il secondo lavoro sulla lunga distanza per il trio tutto al femminile che sarà pubblicato sabato 29 gennaio sulle piattaforme di streaming e negli store online.
Giunge a quattro anni di distanza dall'esordio di "Fecondazione Sonora" «e con una pandemia mondiale nel mezzo», come fanno notare Gea, Sandrine e Yeelen. La maturazione artistica delle ragazze è evidente e si possono notare i passi del loro percorso ascoltando i quattro singoli già pubblicati e qui raccolti ("Volgi gli occhi al cielo" con le sue atmosfere tendenti alla new wave e l'inno di auto-affermazione "La Musa" del 2019; la potente "The Days of the Black Birds" del 2020; il low-fi di "Lindo Moreno" lo scorso anno) e i brani inediti.
Per uno sguardo più approfondito su "Fino alla nausea" non abbiamo mancato d'interpellare le dirette interessate.
Nella title track cantate "In un mondo fragile / vivremo fino alla nausea", in un disperato elogio del presente: avreste scritto queste parole anche se non fossimo stati nel mezzo di una pandemia?
«A dire il vero le parole sono state scritte prima della pandemia: abbiamo terminato di registrare l'album nel febbraio 2020, ma vista la situazione incerta, le chiusure continue eccetera abbiamo continuamente rinviato l'uscita! Però è vero che è una canzone che si adatta molto bene anche al contesto attuale!
Fondamentalmente è una critica alla società dell'apparenza, del potere, dell'ipocrisia, dove il dio denaro la fa da padrone. Ma è il mondo in cui ci troviamo e siamo obbligate a viverci, fino alla nausea. E la descrizione "disperato elogio del presente" gli si addice totalmente! È per tutti questi motivi che abbiamo pensato che "Fino alla Nausea" potesse essere un titolo appropriato al nostro nuovo album».
Guardate all'esistenza contemporanea con occhio critico ("Malato Mondo", la stessa "Fino Alla Nausea"): cosa cambiereste subito, se ne aveste la facoltà?
«Non è un mistero che siamo un gruppo "politicamente impegnato" (ridono, ndr). Siamo sensibili a tanti temi e ci piace poterne parlare attraverso la nostra musica. È una domanda bella impegnativa... (ridono di nuovo, ndr). Se avessimo la bacchetta magica più potente dell'universo elimineremmo di sicuro tutti i sistemi di oppressione e sfruttamento, presenti in questa società. E più tempo per mangiare pizze al forno a legna in compagnia».
Ci sono anche dei momenti più giocosi ("La Bestia"): quanto conta l'ironia per voi?
«Un sacco! Musicalmente parlando, siamo delle grandi ammiratrici di Elio e le Storie Tese, e sia nella vita di tutti i giorni che in quello che componiamo ci piace non prenderci (sempre) troppo sul serio».
Troviamo anche le Black Heidis "sanguigne" ("La Pace dei Sensi", "Le Mammifere") che abbiamo già ascoltato in passato...
"Le Mammifere" è una canzone che è stata ispirata dallo sciopero delle donne del 14 giugno, diciamo che è un inno alle lotte femministe, alla sorellanza. La carovana di mammifere, fitta variegata e possente, avanza decisa verso il cambiamento! La "Pace dei Sensi" invece è effettivamente la canzone della "sciallanza"! Il ritornello è nato durante una cena in un'osteria tipica piemontese a Murazzano, nelle Langhe. Si stava così bene tra il buon cibo, la vista e la compagnia, che una nostra amica ha iniziato a canticchiare improvvisando le parole. Noi le abbiamo poi riprese in chiave funky e ci abbiamo costruito attorno la canzone. Diciamo che lo stare bene, godersi i piaceri semplici della vita, mangiare, stare in compagnia, la natura, eccetera sono fondamentali per noi!».
Come si sono amalgamati i quattro brani già pubblicati con quelli inediti?
«Risposta ironica: si sono amalgamati e basta perché con noi c'è solo una possibile via, quella dell'amalgamazione sonora, baby (ridono, ndr). Risposta seria: ci siamo poste anche noi questa domanda, ovvero come fare in modo di amalgamare due "mondi" sonori diversi. E abbiamo fatto quindi una riflessione sulla costruzione della tracklist in maniera tale da dare un risultato coerente all'ascolto dell'album. Crediamo di esserci riuscite!».
Come definireste, nel complesso, il vostro sound attuale?
«Fluttuante e groovy con il giusto tocco di psichedelia rock!».
Su quali aspetti avete lavorato maggiormente con Fabio Mago Martino? E con Robin Girod?
«Con Fabio c'è stato un grande lavoro di arrangiamento sulle chitarre e voci, mentre con Robin Girod abbiamo lavorato tanto a livello di creazione andando, a ogni sessione di registrazione, alla ricerca della giusta energia creativa. È stato molto interessante perché potevamo utilizzare e inserire all'interno dei brani tutto quello che trovavamo all'interno dello studio di registrazione. Dal flauto low cost suonato male, alla marimba, al battito delle nostre mani a delle voci scappate per sbaglio durante la registrazione ma che stavano bene in quel momento. Possiamo dire che con Fabio si lavora tanto sul rigore e la precisione e l'estetica musicale mentre con Robin Girod si esplorano diverse sonorità e il mondo creativo e istintivo della musica. Con entrambe ci troviamo super bene e il nostro desiderio sarebbe poter avvicinare questi due personaggi per una collaborazione. Chissà, magari nel prossimo album...».
Cosa aspettarsi dal vernissage in programma per domani al Teatro Paravento di Locarno?
«Di farsi improvvisamente assalire dalla Pace dei Sensi, di godersi talmente tanto il concerto da non rendersi conto che è già finito e di avere le sinapsi trasformate in rugiada mattinale!
Ci sarà tanta nostra nuova musica da scoprire e saremo accompagnate da un ospite che delizierà più che mai le orecchie con assoli di flauto traverso, sax e chitarra. Tranne un'eccezione quest'inverno, per un evento dell'associazione Sonart, siamo state lontane dai palchi ticinesi da più di due anni. Abbiamo lavorato tanto, siamo carichissime di energia e non vediamo l'ora di condividere tutto ciò con il pubblico che sarà presente!».