“Everything Everywhere All at Once” ha una trama pure più incasinata del suo titolo, ma da vedere è un vero spasso
LUGANO - Se vi dicessi che ogni singola scelta che avete fatto (oppure no) ha finito per creare una versione di voi in un universo alternativo? E che quindi esiste una sorta di esercito di vostri alter-ego dalle infinite capacità e che non conoscerete mai?
Probabilmente non mi credereste e, anzi, mi dareste del toccatello. Di sicuro lo farebbe Evelyn Quan, signora cinese di mezza età emigrata negli States con tante speranze (e un marito con il quale ormai è in crisi placida ma insanabile) per finire a gestire una lavanderia a gettoni. Come potrebbe, in fondo, davanti a quel tavolo zeppo di ricevute di cui non riesce a raccapezzarsi, una figlia con cui è in rotta aperta e l'austero padre appena arrivato dalla Cina?
Tutto però cambierà all'improvviso durante un incontro con una funzionaria del fisco, nel disperato tentativo di regolarizzare la sua posizione traballante. In quel momento di vita o di morte, la porta fra gli infiniti universi - e fra le infinite Evelyn - si aprirà in maniera spettacolare e surreale stendendo però anche l'ombra di un'oscura minaccia.
È questa, molto in sintesi e quasi senza spoiler, la trama di “Everything Everywhere All at Once” del duo di registi americani conosciuti come Daniels (ovvero Daniel Kwan e Daniel Scheinert).
L'idea del multiverso del film, nata più di un decennio fa, si è poi concretizzata - ironicamente ma anche in maniera davvero azzeccata - a ridosso del vero e proprio boom di questo concetto, sdoganato dai film Marvel, prima con “Spider-Man: No Way Home” e poi con “Dr.Strange e il Multiverso della Follia”. Non è un caso che al progetto abbiano partecipato, in chiave di produttori, i fratelli Russo, veri e propri papà degli “Avengers”.
In “Everything”, la salsa (agrodolce), è però del tutto diversa e assolutamente famigliare. In una "fusion" davvero incredibile di commedia (anche demenziale), film drammatico, fantascienza e film di kung-fu. Lo scopo della pellicola è quello di stupire a colpi di invenzioni anche assurde a ritmo costante e instancabile.
Al centro della tela, e a sorreggere il tutto, c'è una delle più grandi attrici cinesi di sempre Michelle Yeoh (forse la ricorderete ne “La Tigre e il Dragone”) qui in una prova davvero notevole, sfaccettata ed estremamente profonda.
Degna di nota è anche Jamie Lee Curtis, la crudele funzionaria del fisco, e per una volta nei panni... della cattiva. Ah, e c'è anche l'ex-enfant prodige del film anni '80, Ke Huy Quan (era Data dei “Goonies” e Shorty di “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”) che è tornato - in gran forma - dopo vent'anni di assenza dalle scene.
Insomma, anche se può sembrare un prodotto di nicchia - e in parte forse lo è - non fatevi ingannare: il film dei Daniels è spassoso e digeribilissimo praticamente per tutti, anzi oserei dire da pop-corn. Di sicuro è una delle pellicole più sorprendenti di quest'anno e anche una di quelle che è meglio non perdersi, soprattutto al cinema.
“Everything Everywhere All at Once” è nei cinema ticinesi a partire da questa sera.