Associazioni italo-svizzere e del partito democratico
Il fenomeno del crimine organizzato, che ha caratterizzato in maniera negativa l’Italia dagli anni precedenti all’unificazione nazionale ad oggi, è evoluto ed è stato emulato anche in altri paesi. Oggi si parla di criminalità organizzata stratificata con forti correlazioni nei settori produttivi, finanziari e sociali; questa è concorrenziale ed antagonista ai sistemi paese democratici costituiti sullo stato di diritto. La criminalità in questo inizio di secolo ha raggiunto un elevato grado di attrazione perché riesce a recuperare mano d’opera a basso costo negli strati sociali più vulnerabili e poveri ed ha creato mercati paralleli a quelli ufficiali, gestendo ingenti risorse finanziarie e gestendo strumenti tecnologici sofisticati. Negli anni recenti alcune propaggini della criminalità organizzata italiana si sono estese anche in Svizzera, creando allarmismo e riportando in auge forti pregiudizi nei riguardi della Comunità italiana, che ritenevamo superati e archiviati nelle zone d’ombra dei musei di questo paese.
Invece, dalle indagini della polizia federale degli ultimi anni è emerso in maniera dirompente che il grave fenomeno della criminalità organizzata in Svizzera è riconducibile ad affiliazioni con i gruppi malavitosi del Bel Paese. Questo fenomeno rischia di fare proselitismo e creare danni irreparabili per la nostra Comunità. Da qui la necessità di affrontare il problema senza indugi cercando di informare l’opinione pubblica, di fare opera di prevenzione e di formazione perché il crimine trova terreno fertile là dove non esiste informazione ed opera, invece, senza essere disturbato in quegli strati subalterni della società civile. Quindi, con tutte le precauzioni e le attenuanti possibili ed immaginabili, che dovrebbero indurre i cittadini a diventare gelosi responsabili della legalità, per spingerli a togliersi i paraocchi ed ammirare le bellezze della libertà, non può neanche passare il luogo comune che vuole etichettare la malavita come un fenomeno “Made in Italy”. La conoscenza del crimine che viene studiato anche nei suoi aspetti scientifici ci dice che, dietro queste organizzazioni ci sono i cartelli internazionali diventati una vera istituzione parallela alle istituzioni.
Perciò la prevenzione è il migliore antidoto per evitare il dilagare di questo fenomeno. Molte associazioni italiane e svizzere, alcune scuole ed anche il partito democratico in Svizzera, si sono prodigate in questa opera d’informazione preventiva contro le mafie coinvolgendo l’associazione italiana “Libera” di Don Luigi Ciotti, che sarà rappresentata dal conferenziere Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, il quale parteciperà a quattro dibattiti pubblici e sarà ospite, assieme a tanti altri personaggi pubblici e politici di origine italiana, a Friburgo il giorno 16 gennaio, a Neuchâtel, Berna e Winterthur sabato 17 gennaio.
Chi è Franco La Torre? Franco La Torre, università la Sapienza di Roma, è nato a Palermo, 25 giugno 1956, è uno storico, ambientalista e componente della presidenza dell’associazione Libera. Pacifista e cooperante internazionale, è figlio di Pio La Torre, sindacalista della CGIL, dirigente politico comunista e parlamentare regionale e nazionale, autore della legge antimafia che porta il suo nome e che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa, (Legge Rognoni-La Torre). Dal 2002 è membro della Presidenza dell’associazione Libera. A Berna, inoltre, nel salone della missione cattolica è in programma anche un concerto con il gruppo di giovani italiani SUGARFIVE. I 5 artisti si esibiranno proponendo brani e successi musicali di Zucchero Fornaciari: l’entrata a tutte le manifestazioni è libera e al concerto è gratuita. Alle conferenze sono attese molte persone, perché alcuni politici nazionali svizzeri d’origine italiana desiderano rendersi conto delle cause che sono alla base di questo fenomeno nella Confederazione elvetica.