Ronald David e Giulia Petralli
Il sistema capitalistico si è dimostrato in più occasioni una soluzione nociva per la sussistenza e lo sviluppo stesso dell’essere umano; il coronavirus ci ha offerto l’ennesima prova. Dagli anni ’80 a oggi si è sempre più schiacciato il ruolo dello Stato, soprattutto nei settori della sanità, dell’educazione, etc. condannando e abbandonando i più ampi ma bassi ceti sociali a ripetute crisi, dalle quali se ne è usciti con sempre meno garanzie e diritti collettivi e con sempre più deregolamentazioni e privatizzazioni per l’economia. Nella situazione in cui ci troviamo oggi diventa lampante che è però lo Stato ad essere (ri)chiamato (in primis dall’economia stessa, volta per sua natura al mero profitto economico) a salvaguardare i suoi cittadini.
Ora il tanto bistrattato Stato ha di fronte delle priorità dalle quali non può certo sottrarsi. Oltre all'aspetto sanitario è necessario pensare a come dare da mangiare a tutti coloro che in questa crisi sanitaria rischiano di angosciarsi anche dal lato economico. Parliamo di un intero tessuto economico, fatto di piccoli indipendenti, che con i sacrifici di una vita hanno provato a portare avanti un'attività commerciale o artigianale. Pensiamo anche al settore della cultura e dell’arte e di molti altri che di colpo non hanno più possibilità di lavorare. Ma ci riferiamo anche ai lavoratori dipendenti che per paura di perdere il posto accettano di esercitare in condizioni non tutelate o a chi è in cerca di impiego e dovrà aspettare il tramonto di due crisi, quella sanitarie prima e quella economica poi, per trovare forse un impiego. Insomma, tutti noi ne siamo colpiti in un modo o in un altro.
A fronte di una situazione di questo tipo la politica deve muoversi con risposte a favore delle persone, quelle vere, fisiche, quelle che ne hanno bisogno proprio perché il sistema del capitale le ha da sempre spinte ai margini. Non basteranno i miliardi di franchi della confederazione iniettati nell’economia (nello specifico dati a credito alle aziende) per aiutare tutti; anzi se la crisi del 2008 ci ha insegnato qualcosa le strategie d’azione sono ben altre. Una risposta auspicabile da parte dello Stato è quella di un reddito di base incondizionato, al posto di un credito di salvataggio per l’economica, che vada ad assicurare un'esistenza dignitosa a ogni singolo individuo e una domanda di consumo a lungo termine (maggiormente sostenibile rispetto al passato) che garantisca una ripartenza dell’economia reale. Insomma, una soluzione immediata e non burocratica per i salariati, i lavoratori autonomi e i datori di lavoro colpiti dalla crisi.
Da questa crisi dobbiamo rialzarci tutti insieme, non solo alcuni. La mano invisibile non provvederà a tutti, ma come in passato contribuirà solo a stratificare ulteriormente la società. Oggi servono invece risposte unitarie e interclassiste per ripartire con il piede giusto, cambiando chissà anche le basi di un sistema visibilmente tossico.