La parola a Doumbia e Djourou, tra i giocatori toccati dal drastico provvedimento del patron Christian Constantin
SION - Giovedì, un vero e proprio terremoto sportivo firmato Christian Constantin, ha scosso il mondo Sion. Il patron dei vallesani, con una soluzione draconiana, ha licenziato con effetto immediato nove giocatori. Il presidente aveva proposto a tutti i propri dipendenti una riduzione del salario, ma dopo il "no" dei cosiddetti ribelli ha agito in maniera drastica. Silurati di fatto Pajtim Kasami, Johan Djourou, Seydou Doumbia, Alex Song, Ermir Lenjani, Xavier Kouassi, Mickaël Facchinetti, Christian Zock e Birama Ndoye.
Come riportato dai colleghi de "Le Nouvelliste", l'attaccante ivoriano Seydou Doumbia ha detto la sua sui social, augurandosi innanzitutto la salute dei propri followers e provando poi a spiegare come si è arrivati a questa situazione.
«Martedì 17 marzo, verso le 17.00, abbiamo ricevuto una lettera in cui la società ci chiedeva di accettare o rifiutare una riduzione drastica del nostro stipendio, il tutto senza prospettive per il futuro. Alle 19 noi giocatori ci siamo consultati con una “riunione” d’emergenza (verosimilmente in teleconferenza, ndr). Tutti i giocatori professionisti hanno deciso di non accettare, vista la forma e la sostanza della proposta».
Il giorno dopo si è però arrivati alla resa dei conti. «Mercoledì ci è arrivata una lettera personale via Whatsapp, in cui si chiedeva di prendere una decisione definitiva. Il buon senso mi ha detto di non accettare una tale proposta via Whatsapp, e così meno di 30 minuti dopo ho ricevuto una lettera di licenziamento tramite lo stesso canale».
Doumbia conclude con una precisazione: «Da parte mia e dei miei compagni non c'è stata una mancanza di considerazione legata alla difficile situazione del coronavirus. In questo caso però non ci sono stati dialoghi o misure di accompagnamento. Niente di tutto ciò».
Molto chiara invece la posizione di Johan Djourou, che ha parlato al "Blick". «Non abbiamo rifiutato perché non vogliamo ridurci il salario: siamo disposti a fare dei sacrifici, è un nostro dovere... - ha spiegato il centrale - Abbiamo rifiutato perché al momento la disoccupazione parziale non è possibile per i contratti a tempo determinato come i nostri. Non volevamo commettere errori giuridici. Tre mesi senza stipendio non sarebberero la fine del mondo per la maggior parte di noi, ma abbiamo comunque dei diritti».