Arno Rossini: «Bentancur è un po’ matto, ma senza di lui il Bellinzona…»
«Applausi ai tifosi del Chiasso, è da loro che si deve ricominciare».
CHIASSO - Non ci sono state sorprese, non ci sono stati miracoli: al termine di una lunga agonia, tenendo conto di quanto successo negli ultimi anni, lo scorso venerdì il Chiasso è ufficialmente fallito. È stato un brutto colpo per quelli che hanno il cuore che batte per i rossoblù, ma è stato un brutto colpo per lo sport ticinese in generale: la storia del club momò è infatti intrecciata con quella del nostro cantone.
Ora nella città di confine stanno cercando di capire come ripartire. E non sarà facile.
«Quella del Chiasso è stata la cronaca di una morte annunciata - ci ha raccontato Arno Rossini - c'è tristezza per com'è andata ma forse, se si vuol essere positivi, una tale disgrazia può anche essere un bene».
Tu occupavi la panchina del primo Bellinzona post-fallimento…
«Il Bellinzona post-Giulini… Di questo parlo, della sensazione di sollievo che si prova dopo tante pene, della consapevolezza di poter finalmente ricominciare. Quei granata ripartirono dalla Seconda Lega ma fin dal primo giorno furono sostenuti e spinti da una grandissima passione. Ricordo come fosse ora il primo allenamento: a seguirci ci saranno state 150 persone. E il sindaco era in prima fila».
Da lì è iniziata una risalita che ha portato l’ACB fino all’attuale Challenge League. Prima con delle forze locali e in seguito con Bentancur.
«E meno male che è arrivato Bentancur. Alle nostre latitudini, ormai lo si è capito, per fare calcio di un certo livello servono investimenti importantissimi. Bentancur sarà forse un po' matto, ma di certo ha capacità e possibilità. Se non si fosse buttato nel progetto, ora il Bellinzona non sarebbe dove invece è».
Questo deve sperare la gente di Chiasso: che arrivi un investitore un po' matto?
«Ci sono tifosi rossoblù, uno zoccolo duro, che sono davvero innamorati della società, che si sono sempre fatti anche le trasferte più complicate, che non hanno mai mollato neppure nei giorni più difficili; è da loro, che meritano solamente applausi, che si deve ricominciare. Con gli sforzi di queste persone, ne sono certo, convincere qualche sponsor a investire non sarà impossibile. Una base solida dalla quale ripartire si può quindi trovare tranquillamente».
Il pallone è dispendioso, lo abbiamo detto.
«Verissimo, ma il Chiasso è sempre il Chiasso. Ha storia, blasone, prestigio… ricominciare ed essere subito ambiziosi, pur nelle leghe minori, deve essere l'obiettivo di quella che sarà la nuova società».
La gente di Bellinzona ha saputo portare i granata fino alla Promotion League. Gli appassionati di Chiasso quale categoria possono garantire?
«Lì intorno ci sono club che qualche sponsor lo sottraggono; con un progetto serio e importante e contando sul sostegno di qualche imprenditore locale - al quale non si possono certo chiedere milioni - credo che almeno fino alla Seconda Lega la squadra possa battersi».
Puntando su giocatori della zona.
«Certo, sui ragazzi ticinesi o su quelli nati e cresciuti immediatamente oltre il confine, che conoscono benissimo la realtà momò e che possono portare qualità. Non sto parlando di qualche calciatore pescato lontanissimo: chi è di Como respira la stessa aria di quelli che si muovono a Chiasso. Si deve ripartire così; per il grande investitore poi, nel caso, ci sarà tempo».