Gian Piero Ventura è tornato a parlare della mancata qualificazione al Mondiale del 2018
«Oggi se hai i media a favore puoi permetterti di perdere sette partite senza colpo ferire. Se li hai contro, bastano tre sconfitte e vai a casa».
GENOVA - Dal fallimento per la mancata qualificazione al Mondiale del 2018 fino al calcio del giorno d'oggi, un calcio diverso rispetto a quello di un tempo.
Intervistato da "Il Foglio", l'ex selezionatore azzurro Gian Piero Ventura ha aperto il compasso toccando diversi temi scottanti. Senza filtri. «Della Nazionale preferisco non parlare. Una big, di cui non voglio fare il nome, mi aveva offerto tre anni di contratto. Vi rinunciai per andare là dove mi portava il cuore e quell'amore per la maglia azzurra, che era stato il tratto comune. L'azzurro lo avevo dentro di me e per questo amore, tenuto stretto sin da bambino, ho ceduto alle insistenze, mi sono fatto coinvolgere e ho fatto una scelta sbagliata, perché non occorreva un lampo di genio per capire che non ci fossero i presupposti per fare bene».
Ma anche quattro anni dopo, in Qatar, l'Italia non era presente a lottare per l'ambitissima Coppa del Mondo. Però... «Dico solo che in quattro anni, nel commentare due mancate qualificazioni mondiali, si è passati dalla tragedia epocale del 2018 all’incidente di percorso del 2022».
Il mondo del calcio? Secondo Ventura oggi conta quasi ed esclusivamente attorniarsi delle persone giuste. «Prima erano rapporti umani e strette di mano. Oggi è tutta un'altra cosa. È tutto esagerato. In tre o quattro mesi Stefano Pioli è passato dal migliore al peggiore allenatore italiano. Un tempo c'erano valutazioni meno superficiali e affrettate sulla produttività dei singoli. Oggi, se hai i media a favore puoi permetterti di perdere sette partite senza colpo ferire. Se li hai contro, bastano tre sconfitte e vai a casa».