«In postseason il vento può cambiare velocemente»
Marc Gianola: «Rientrare da 0-3? Serve grande autostima, senza quella non si va da nessuna parte».
DAVOS - Tre partite con lo Zugo, tre sconfitte e… un diffuso pessimismo. Il Lugano è finito nell’angolo e non sa se riuscirà a uscirne. Il Lugano come anche il Davos, ripetutamente sgambettato da un Rapperswil che ormai non sorprende più.
Bianconeri e gialloblù non hanno, comprensibilmente, intenzione di arrendersi ma, sotto 0-3, davvero hanno qualche chance di risalire la china? Difficilissimo. L’ultima volta che una squadra riuscì in tale impresa correva l’anno 2008; nei quarti di finale, proprio il Davos seppe, dopo aver incassato tre schiaffi, rialzarsi e mettere ko lo Zugo. Vincendo tra l’altro gara-7 in trasferta. Di quella squadra il capitano era Marc Gianola, oggi CEO alla Vaillant Arena.
«Non posso certo dire che la situazione sportiva sia felice - ha raccontato proprio il dirigente grigionese - ma non è ancora finita: nei playoff tutto è possibile. La serie può ancora andare in tutte le direzioni».
Anche il Lugano è nella vostra situazione.
«Rientrare da 0-3 è ovviamente complicato. Cosa serve? Grande autostima, senza quella non si va da nessuna parte, e fortuna nei momenti importanti. In postseason poi il vento può cambiare velocemente».
Giusto sperare, quindi?
«Noi non ci consideriamo battuti. Il Lugano non è spacciato. Le serie hanno un parziale netto, è vero; prese singolarmente, le partite hanno tuttavia detto che l’equilibrio è grande».
Per vincere quattro match di fila servirà un’impresa.
«Soprattutto in questa Lega, nel quale il livello è molto alto. Ma non uso la parola “impossibile”: la regular season, per esempio, l’abbiamo chiusa proprio con quattro successi consecutivi, grazie ai quali abbiamo evitato i preplayoff».
Contro avversari diversi, con motivazioni diverse…
«Vero, ma in questa situazione è giusto guardare agli aspetti positivi, aggrapparsi a quelli per costruire le proprie fortune».
Come riusciste a fare contro lo Zugo del 2007/08?
«Conta tutto. Anche gli episodi. Soprattutto la testa. Più che l’incrocio con i Tori, per esempio, io ricordo quello dei quarti di finale dell’anno precedente contro lo Zurigo. Eravamo sotto 1-3 e Del Curto mescolò le carte dando spazio ai giocatori più giovani. Questi portarono grande energia e con quella riuscimmo a firmare un piccolo capolavoro, qualificandoci per le semifinali e poi volando fino al titolo».