Giudice popolare nel Canton Argovia, Michael Derrer si è lanciato in una campagna per fermare i giovani turisti del crimine romeni. L’abbiamo intervistato
ZURIGO/BUCAREST - Signor Derrer, lei si trova a Bucarest per impedire ai giovani romeni di venire in Svizzera come turisti del crimine. In cosa consiste il suo impegno?
Il mio messaggio è: non vale la pena venire in Svizzera per dei tour di furti. Chi viene acciuffato, infatti, riceve pene importanti. Purtroppo, le bande romene trasmettono l’idea che sia una passeggiata fare i criminali da noi, che comunque non si finisce in prigione. Per distruggere questa illusione io do interviste nei giornali romeni e incontro le autorità e le Ong.
L’anno scorso in Svizzera 2756 reati sono stati commessi da cittadini romeni. Benché qui ne risiedano molto pochi, si tratta del quarto gruppo di stranieri più criminoso in Svizzera dopo italiani, portoghesi e tedeschi. Perché?
I romeni sono al primo posto fra i turisti criminali. Tuttavia la maggior parte dei romeni sono persone rispettabili che non hanno nulla a che fare con le attività criminali. Anzi, risentono dell’immagine che si ha della Romania a causa dei turisti del crimine. Io divido questi ultimi in tre categorie: i piccoli delinquenti che vogliono garantirsi da vivere, i delinquenti che sono organizzati a livello professionale e gli sprovveduti, quelli che si fanno assoldare dalle bande.
Cosa sa a proposito di questi «sprovveduti»?
Si tratta in prevalenza di persone giovani e in condizioni di indigenza. Provengono specialmente dalle zone rurali, sono disoccupate e hanno bisogno di denaro, per esempio dopo la nascita del loro primo figlio. Le bande cercano i loro aiutanti in questo tipo di ambiente. Pagano loro il viaggio per la Svizzera via Francia e il pernottamento a Mulhouse (F). I boss raccontano a questa gente sempre le stesse fiabe su quanto la Giustizia svizzera sia blanda.
Si tratta spesso di rom?
No, in questa categoria di delinquenti non in special modo. Vorrei però evitare di adentrarmi in discussioni etniche.
Lei ha organizzato questa campagna di sua iniziativa. Cosa l’ha spinta a farlo?
Conosco romeni da oltre 25 anni: due settimane dopo la caduta del dittatore Ceausescu mi trovavo laggiù con un gruppo studentesco. Ho studiato lì per un anno e ho imparato la lingua. Più tardi ho potuto dirigere un programma economico in Romania e oggi sono attivo in qualità di consulente d’impresa per l’Est Europa. Nella mia funzione di giudice popolare a Rheinfelden (AG) e come interprete giurato ho sempre a che fare con turisti del crimine romeni. Mi sono detto: «Devi fare qualcosa».
Le autorità sono a conoscenza del suo impegno?
Mi rivolgerò alle autorità dopo che con la mia attuale campagna avrò dimostrato che si possono percorrere anche strade diverse per contrastare il turismo del crimine. A quel punto cercheremo strategie a lungo termine.
In un servizio su TeleM1 Lucian Popescu, dell’Associazione romena di Baden, si è mostrato in principio disponibile ad attività simili. Teme, tuttavia, possa fomentare pregiudizi sui romeni.
Il mio obiettivo è proprio il contrario! Voglio proprio cercare di correggere l’immagine negativa che viene loro appiccicata addosso. Voglio mostrare come la maggior parte della popolazione romena non abbia niente in comune con i turisti del crimine con passaporto romeno. Mi tengo ben lontano da qualsiasi generalizzazione. Ho molti amici in Romania dai tempi dei miei studi: loro trovano il mio impegno eccezionale.
Personalmente cosa le piace della Romania?
La cordialità delle persone, la musica tradizionale romena e il cibo. Ho anche una certa fascinazione per l’architettura di Bucarest che molti svizzeri non condividono con me.