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SAINT-SULPICE«Mia figlia andava a scuola con quelle di Irina, qui siamo motivatissimi»

21.09.16 - 07:38
Alessandra Cossu è portavoce di Missing Children Switzerland, la fondazione nata per volontà della madre delle due gemelline vodesi scomparse cinque anni fa
«Mia figlia andava a scuola con quelle di Irina, qui siamo motivatissimi»
Alessandra Cossu è portavoce di Missing Children Switzerland, la fondazione nata per volontà della madre delle due gemelline vodesi scomparse cinque anni fa

SAINT-SULPICE - Una linea telefonica aperta 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Una serie di operatori pronti a rispondere a situazioni d’urgenza. Siamo a Saint-Sulpice, Canton Vaud, nel quartiere generale di Missing Children Switzerland, la fondazione creata a fine 2011 da Irina Lucidi, la mamma di Alessia e Livia, le due gemelline scomparse all’inizio dello stesso anno per mano del padre, Matthias Schepp. Da qui passano storie terribili. Lo sa bene Alessandra Cossu, portavoce della fondazione e amica di Irina. «Mia figlia – dice – andava a scuola con quelle di Irina. Siamo stati tutti toccati da questo dramma. Abbiamo sposato questa causa sotto ogni punto di vista, siamo tutti motivatissimi».

Signora Cossu, chi sono le persone che vi chiamano allo 0848 116 000?
Siamo specializzati in due categorie in particolare: le fughe dei giovani e i rapimenti da parte di genitori. La Svizzera è un Paese in cui c’è tanta riservatezza e fiducia nel prossimo. Si pensa sempre che qui certe cose non possano accadere. Invece…

Invece?
C’è un dato inquietante che dimostra il contrario. Ogni anno in Svizzera 25.000 adolescenti scappano di casa. È un numero impressionante.

Poi ci sono i rapimenti, come quello che Matthias Schepp mise in atto con le sue figlie…
Noi facciamo tanta prevenzione. Irina, all’epoca, aveva avuto dei segnali prima del folle gesto di suo marito. Ma non ha trovato nessuno a cui rivolgersi. Noi ci occupiamo di questo. Chi nota qualcosa di strano in casa, chi inizia a percepire strane sensazioni, può rivolgersi a noi. E noi lo seguiamo, gli diamo consigli concreti e utili, possiamo contare su diversi specialisti nostri partner.  

Come sta Irina Lucidi oggi?
È ancora residente in Svizzera. Ma viaggia molto. Lei è la nostra presidente e ispiratrice. Ci tiene parecchio alla fondazione. Ricordo che all’inizio lavoravamo dal suo garage. Poi, in quattro anni, siamo cresciuti, ci siamo professionalizzati.

Irina crede ancora in un lieto fine per quanto riguarda il ritrovamento delle sue figlie?
Ha sempre una speranza. Ed è giusto che sia così. Questa vicenda l’ha scossa. Sotto ogni punto di vista. All’inizio le telecamere entravano in casa sua, anche in modo invasivo. La sua esistenza è stata messa a nudo. È stato tutto molto duro per lei. Anche per questo, al momento, non rilascia interviste.

Come si finanzia la fondazione?
Grazie a mecenati e a filantropi. E così riusciamo a fornire i nostri servizi gratuitamente.

Quanti casi trattate all’anno?
Finora ne abbiamo trattati 204, in quattro anni. Siamo conosciuti soprattutto in Svizzera francese. Ma abbiamo casi legati anche alla Svizzera tedesca e alla Svizzera italiana.

Fate anche ricerche dirette sul campo?
No, quelle le fanno i nostri partner. Noi rappresentiamo il primo anello di congiunzione tra la situazione di disagio e quello che poi si potrà mettere in atto per risolverla. Solitamente riceviamo telefonate da parte di adulti. I giovani invece preferiscono contattarci tramite social network. Facebook ha un grande valore. Ricordo di un giovane che è tornato a casa dopo avere visto circolare il nostro appello in rete. A volte i ragazzi che scappano hanno la sensazione che nessuno li voglia più cercare.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Ce n’è uno, molto interessante, proprio in atto in questo periodo. Siamo alla ricerca di volontari che possano potenziare il nostro centralino. E questo per essere ancora più capillari e concreti. Quando riceviamo una chiamata, noi interveniamo nel giro di due ore. Vogliamo essere ancora più rapidi. Perché in casi simili ogni secondo è fondamentale.  

 

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