La Società per i popoli minacciati invita a bocciare il testo in votazione il prossimo 7 marzo.
L'organizzazione spiega che quanto promesso nell'accordo in termini di sostenibilità è «ben lontano dalla realtà attuale della produzione di olio di palma».
BERNA - L'accordo di libero scambio con l'Indonesia - in votazione il 7 marzo - non fornisce una base sufficiente per spingere il paese asiatico verso un'agricoltura equa e sostenibile. È quanto ritiene la Società per i popoli minacciati (SPM), che in una nota odierna invita a bocciarlo.
Pur ammettendo che collegare sgravi doganali per l'olio di palma a disposizioni sulla sostenibilità possa costituire un'opportunità per negoziare futuri accordi commerciali, la SPM ritiene che l'intesa in questione non sia la strada giusta da percorrere. Inoltre, il dibattito su questo accordo economico va ben oltre la controversa questione dell'olio di palma: la popolazione locale indonesiana non beneficia in nessun caso degli investimenti stranieri nel paese.
La SPM sottolinea che quanto l'accordo promette in termini di sostenibilità «è ben lontano dalla realtà attuale della produzione di olio di palma». L'Indonesia è il maggiore produttore mondiale di questo grasso: grandi aree di foreste scompaiono per far posto alla produzione di monocolture su scala industriale. Queste foreste costituiscono tuttavia la linfa vitale per la maggior parte delle oltre 300 comunità indigene della Papua occidentale.
Per proteggere la foresta, l'olio di palma deve essere prodotto in modo sostenibile, e per questo sono necessarie misure vincolanti. Ma l'accordo di libero scambio, nella sua forma attuale, non soddisfa questo criterio, conclude la SPM. Per questo motivo l'intesa, che non porta alcun miglioramento per le comunità indigene, dovrà essere respinta alle urne.