La via tracciata da Francia, Italia e Grecia non convince molti politici, né a sinistra che a destra
BERNA - Obbligo di vaccinazione anti-Covid per chi opera nel settore sanitario e delle cure? Anche in Svizzera vi è chi vorrebbe seguire la strada tracciata da Italia, Francia e Grecia. Ma non mancano nemmeno le voci contrarie, sia a sinistra che a destra.
«Sanno come proteggersi» - Forte opposizione viene ad esempio espressa da Katharina Prelicz-Huber (Verdi/ZH). «Ci comportiamo come se il Covid-19 fosse la prima malattia potenzialmente mortale con cui infermieri e pazienti possono infettarsi a vicenda», afferma la presidente del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari (VPOD/SSP) in dichiarazioni riportate da 20 Minuten. «Eppure gli infermieri si confrontano con questa situazione ogni giorno e sanno come proteggere se stessi e i pazienti».
Il rischio d'infezione ha sempre fatto parte della vita quotidiana nel comparto delle cure: introdurre la vaccinazione obbligatoria per il coronavirus «sarebbe assurdo», dice.
«Intervento troppo incisivo» - Anche altri parlamentari sono scettici. «Costituirebbe un intervento troppo incisivo», sostiene Regine Sauter (PLR/ZH), pure intervistata dalla testata giornalistica di Tamedia. La 55enne dice però anche di non capire le persone che lavorano nel settore in questione e che non si fanno immunizzare. «La gente deve arrivare da sola alla conclusione che la vaccinazione è importante e necessaria, perché altrimenti si mette in pericolo gli altri: c'è bisogno di più informazione».
Prima i vaccinati - Pure Ruth Humbel (Centro/AG), presidente della commissione sanità del Consiglio nazionale, è contraria all'obbligo. A suo avviso non deve però succedere che, nel caso gli ospedali siano di nuovo affollati, il trattamento dei pazienti sia rimandato a causa dei non vaccinati. «In un caso del genere il paziente Covid non vaccinato dovrebbe venire dopo».
Più volontarietà che obbligo - Il capogruppo socialista Roger Nordmann dice a 20 Minuten di aver comprensione per la decisione presa dal presidente francese Emmanuel Macron. «Non vuole vivere un altro incubo come l'inverno scorso. E con un tasso di vaccinazione vicino al 50% non si sta raggiungendo l'obiettivo dell'immunità di gregge». Il politico vodese spera che in Svizzera la spunti la volontarietà, soprattutto perché finora il paese è riuscito a superare bene la pandemia con misure moderate. Ma non sarebbe «categoricamente contro un obbligo». Si tratta di prevenire un nuovo lockdown: negozi chiusi, ospedali pieni, scuola a domicilio, «questo è l'orrore!». I ragazzi dai 12 ai 25 anni «devono assolutamente vaccinarsi ora», per evitare un altro semestre invernale di scuola a distanza, afferma Nordmann.
«Non è il modo di fare elvetico» - Da parte sua il presidente dei Verdi liberali Jürg Grossen esita riguardo all'imposizione. «Questo non è propriamente il modo di fare elvetico», spiega ai cronisti di 20 Minuten. Un obbligo potrebbe anche rivelarsi disastroso per il sistema sanitario: «Se tutte le persone non vaccinate dovessero lasciare il lavoro, beh allora buonanotte», sintetizza il consigliere nazionale bernese. Il 51enne dice di non provare simpatia per le persone che non si vaccinano, ma è convinto che «alla fine, si può ottenere di più puntando sull'informazione».
In un sondaggio non rappresentativo a cui hanno partecipato alcuni giorni fa i lettori di 20 Minuten, il 66% si è detto contrario a un obbligo di vaccinazione, il 31% favorevole.
«Via sbagliata» - Per Nikola Biller-Andorno, professoressa di etica della medicina all'Università di Zurigo, imporre un obbligo del vaccino vorrebbe dire per la Svizzera imboccare una via sbagliata. «La decisione di vaccinarsi è volontaria in Svizzera: non vorrei rinunciare a questo bene prezioso», afferma la direttrice dell'istituto di etica biomedica e di storia della medicina (IBME) dell'ateneo in un'intervista pubblicata oggi dal portale Watson. «Non credo sia bene costringere la gente a immunizzarsi contro le proprie convinzioni. È importante che tutti possano proteggersi, specialmente coloro che sono particolarmente a rischio. Il resto dipende dalla responsabilità individuale. Tutti hanno il diritto di correre dei rischi per la salute».