Dopo l’avvertimento lanciato dai servizi segreti confederati, i politici chiedono al Governo federale di intervenire.
BERNA - Dallo scoppio della guerra in Ucraina, sono diversi gli Stati europei che hanno espulso dal proprio Paese gli ufficiali dei servizi di intelligence russi. Ma la Svizzera non è tra questi. Già, perché, secondo un rapporto presentato dai servizi segreti rossocrociati, sono decine le spie russe tuttora presenti sul nostro territorio. E potrebbero aumentare ulteriormente.
Sì, perché il rapporto stilato dagli 007 svizzeri parla chiaro: «Se gli Stati che hanno messo in atto le espulsioni riusciranno a impedire che gli ufficiali allontanati vengano sostituiti da nuovi ufficiali, il servizio di intelligence russo nel rispettivo Paese sarà permanentemente indebolito». Ciò indurrebbe la Russia a schierare le sue forze in altri Stati: «Questo potrebbe includere la Svizzera».
E dalla sfera politica più voci esortano Berna a intervenire. «Siamo uno Stato costituzionale in cui è vietato lo spionaggio. Pertanto, dobbiamo far rispettare i nostri principi ed espellere tutte le spie russe», così la consigliera agli Stati Andrea Gmür-Schönenberger. Se la Svizzera non lo fa, sottolinea, non solo violerà la sua neutralità, ma si trasformerà anche in un centro di spionaggio e in un luogo scelto per perseguire attività criminali. «Se non espelleremo ogni singola spia russa, aiuteremo Putin a continuare la sua guerra in Ucraina il più a lungo possibile», conclude.
A pensarla così è anche Sibel Arslan, consigliera nazionale dei Verdi. «Lo spionaggio, sul suolo svizzero, non è tollerato. Il Consiglio federale deve renderlo chiaro a tutti gli Stati». E, se necessario, Berna «dovrebbe prendere misure come l'espulsione degli ufficiali russi». Per rendere le attività di spionaggio più difficoltose, specifica Arslan, è inoltre necessario investire maggiormente nella sicurezza informatica.
Non si sbilancia, invece, la destra. Per il consigliere nazionale dell’UDC David Zuberbühler e il consigliere nazionale del PLR Hans-Peter Portmann occorre infatti confermare i sospetti di spionaggio prima di valutare eventuali misure. «Se non ci sono fatti, la persona non deve essere espulsa», sottolinea Portmann.
La questione, in effetti, appare complicata. «Nella maggior parte dei casi, lo spionaggio può essere dimostrato solo quando è già troppo tardi», spiega Toni Frisch, ex coordinatore del gruppo di lavoro sulle questioni umanitarie in Ucraina orientale per l’Organizzazione per sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Tuttavia, aggiunge, lo scambio con altri servizi di intelligence potrebbe essere un modo per non far entrare in Svizzera ulteriori possibili spie. La presenza di spie sul nostro territorio non è però una novità, specifica Frisch: sin dalla Seconda guerra mondiale la Svizzera è stata un terreno di gioco per le spie di tutto il mondo. «La neutralità e le grandi aziende che hanno sede qui rendono il nostro Paese particolarmente attrattivo per lo spionaggio industriale», conclude.