Sintomi poco chiari, decorso pure. Così le assicurazioni non lo riconoscono, e a perderci è chi ne soffre.
Il caso di una 31enne che, dopo un coronavirus lieve, viene devastata dal decorso per trovarsi senza alcuna indennità.
ZURIGO - Anna* è una giovane donna con il pallino degli sport di resistenza, ha 31 anni e un dottorato di ricerca, ama il suo lavoro ed è il centro della sua vita.
A un certo punto a fine 2020, come tanti altri, contrae il Covid. Il decorso è lieve, giusto un po' di raffreddore e una spossatezza che si presenta solo saltuariamente. Dopo due settimane di malattia passata in isolamento riprende il lavoro, per una manciata di giorni a tempo ridotto e poi, come sempre anche se alcuni dei sintomi continuavano a ripresentarsi.
Ad aprile, però, ecco sopraggiungere un crollo totale: una stanchezza inaffrontabile, dolori e un'emicrania che si ripresentava a giorni alterni. La diagnosi è chiara, long Covid, e - al momento di andare in cura in una struttura specializzata - Anna era arrivata a pesare 47 kg. Ma, come scrive la NZZ che ha voluto raccontare una storia che in sé ne riassume tantissime, l'odissea di Anna era appena iniziata.
Già, perché se da una parte le terapie sembrano funzionare, dall'altra subentra un ostacolo altrettanto difficoltoso: quello della burocrazia assicurativa. Se per un certo periodo la sua cassa malati l'ha sostenuta, coprendo le cure e versando un'indennità mensile passati all'incirca 6 mesi ha deciso di chiudere la borsa.
La decisione, scrive il quotidiano, arriva dopo la richiesta dell'assicurazione di una perizia sulla sua situazione di salute fatta da due medici terzi. Questi l'hanno letteralmente silurata, sostenendo che non fosse possibile «determinare con certezza i sintomi della paziente» e rincarando la dose parlando di «comportamenti eccessivi e teatrali». Insomma, quasi una truffa. Da lì la decisione di sospendere i sussidi, ritenendola in grado di lavorare almeno all'80%.
Quello della 31enne, al di là delle sue peculiarità, è però un caso abbastanza emblematico per una patologia che - malgrado abbia cambiato le vite di tantissimi - è molto difficile da inquadrare. Anche per gli stessi assicuratori, che spesso e volentieri si trovano in difficoltà.
Il motivo è che «manca un chiaro quadro clinico, il tutto è ancora in forte mutamento», confermano alla Nzz diverse casse malati tra le quali Helsana e Css. E non solo, spesso si tratta di sintomi comuni ad altri virus o patologie. Insomma, le assicurazioni non negano che la malattia esista, ma solo che è davvero molto difficile da incasellare con certezza. Un problema, questo, che riguarda anche tutte quelle persone che hanno richiesto una rendità di invalidità alla AI, pure nel nostro Cantone.
Un ginepraio che origina dal fatto che il long Covid è una malattia relativamente nuova. Stando all'Oms - che ne ha dato una definizione ufficiale - il sintomo è almeno uno (che può essere affaticamento, apnea e/o disturbi cognitivi) che deve verificarsi entro tre mesi dall'infezione da Covid, durare almeno due mesi e che «non può essere spiegato da un'altra diagnosi». Proprio questa dicitura apre diverse zone d'ombra e altrettanti possibili problemi d'interpretazione.
E poco chiaro è anche il numero di persone che ne sono afflitte anche perché, a differenza dello stesso coronavirus, non esiste un archivio globale, men che meno aggiornato nel tempo, che ne registri il numero. Il motivo, anche qui, è legato a tutte le incertezze di questa patologia. Al momento, inoltre, gli studi sono abbastanza lacunosi e non riescono a inquadrare ancora bene il fenomeno.
La perdita di gusto e olfatto è da considerarsi long Covid? Oppure solo la spossatezza invalidante? Anche qui le conclusioni differiscono, così come le percentuali, che vanno dal 10% al 40% di chi ha contratto il Sars-Cov-2. Uno studio recente dell'Università di Zurigo parla di un 7% di postumi gravi o molto gravi, per un totale stimabile di circa 270mila persone interessate.
Quali saranno le ripercussioni sull'elvetica non si sa, ma si stima sarà decisamente elevato. Al di là dei costi per il sistema sanitario, entrano in gioco i danni indiretti all'economia. Stando alla Suva, dal 2020 si registra un boom (+1'000 rispetto all'anno precedente) di malattie professionali. Il sospetto è che, in questo quadro, il long Covid non possa che c'entrarci qualcosa.
*nome noto alla redazione