Greta Gysin chiede di ancorare un nuovo diritto nella legislazione. L'avvocato Benjamin Domenig: «È una questione culturale, più che legale»
BERNA - Chiamate nel giorno libero, sms durante le vacanze, e-mail nel fine settimana.
Dover essere costantemente accessibili fa ammalare le persone. Lo sostiene la Consigliera nazionale ticinese Greta Gysin, a capo del sindacato transfair, che per questo ha inoltrato al Consiglio federale una mozione. La richiesta? Ancorare nella legislazione svizzera il diritto di non essere reperibile nel tempo libero.
La mozione è all'ordine del giorno della sessione primaverile, che inizierà settimana prossima. Nel testo, la Presidente del sindacato transfair afferma che il telelavoro rende sempre meno netta la separazione tra vita privata e professionale e che è sempre più difficile “disconnettersi”. Secondo una stima di Travailsuisse, l'organizzazione mantello dei sindacati, entro il 2020 circa il 30% dei dipendenti sarà confrontato con il problema della perenne accessibilità.
«La legge è chiara»
Il Consiglio federale è di parere diverso. Rispondendo alla mozione, ha dichiarato che esistono già limiti legali all'accessibilità. Durante i periodi di riposo, un datore di lavoro non ha infatti il diritto di raggiungere i dipendenti. Spetta alle aziende definire le finestre temporali e definire le regole con le parti sociali nei contratti collettivi di lavoro.
Benjamin Domenig, avvocato ed esperto di diritto del lavoro, è d'accordo: «Il diritto del lavoro è chiaro e non ha bisogno di essere adattato». Insomma, «se il datore di lavoro chiama durante il tempo libero, si aspetta chiaramente che io risponda al telefono. Quindi si tratta di orario di lavoro e dovrebbe essere scritto come tale».
Un altro esempio: «Se il datore di lavoro annuncia in anticipo che sarebbe felice di essere disponibile per tre ore nel fine settimana, allora quelle tre ore sono orario di lavoro». Diverso è il discorso per le e-mail o i messaggi di testo. Secondo Domenig, non c'è l'aspettativa di una risposta immediata.
In conclusione, per l'esperto, è più una questione di cultura aziendale che una questione legale. Il consiglio ai datori di lavoro è comunque quello di non contattare i propri dipendenti nel tempo libero, se si vuole restare attraenti.
«Le persone non devono logorarsi»
Thomas Bauer, responsabile della politica economica di Travailsuisse, vede la situazione in modo diverso. Circa la metà di tutti i dipendenti oggi lavora almeno in parte in telelavoro, e in questo caso c'è bisogno di una regolamentazione: «Poiché le aspettative dei datori di lavoro spesso non sono chiare, sono necessarie norme che garantiscano i periodi di riposo e il diritto di non essere disponibili».
Ci sono buoni esempi di aziende di questo tipo, Grety Gysin cita ad esempio Swisscom, le FFS o La Posta, che stabiliscono esplicitamente le aspettative sulla disponibilità, ma non ovunque è così.
Secondo Bauer a volte, oltre alle pressioni dei datori di lavoro, giocano un ruolo l'ambizione personale e la volontà di realizzarsi del dipendente che vuole fare il suo lavoro al meglio. Ma anche questo «non è un argomento contro un adeguamento legale». Bisogna infatti, per il sindacalista, evitare che le persone si facciano male da sole: «Vogliamo fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile, ma non è nell'interesse di nessuno che ci ammaliamo a causa dello stress e della stanchezza».