È facile farsi un‘opinione. Il difficile è capire se sia corretta
Nelle cosiddette Living Libraries si può andare sul sicuro e porre le domande a chi una data situazione l’ha vissuta in prima persona.
Perché si sceglie un rapporto poliamoroso? Come vive un alcolizzato? E una persona gravemente obesa? Perché le persone fuggono dall’Eritrea? Molte persone scelgono di rispondere da sole a queste domande invece che parlarne con chi vive o ha vissuto situazioni reali. Questo fa nascere cliché e pregiudizi: comportandoci così non arriveremo mai a comprendere il prossimo. Le cosiddette Living Libraries esistono per contrastare questo fenomeno. In Svizzera sono presenti ad esempio a Zurigo, Basilea e Zugo. Uno sguardo nelle «biblioteche dei libri viventi».
Living Library? Di cosa si tratta?
Non sono luoghi fissi bensì manifestazioni pubbliche in cui è possibile prendere in prestito persone invece di libri. In altre parole: invece di leggere storie fittizie o leggere le storie di altre persone, è possibile imparare qualcosa sulla vita di persone reali direttamente dalla loro bocca.
Perché esistono le Living Libraries?
Grazie a loro, vengono abbattuti i pregiudizi. «È tutta un’altra cosa quando posso incontrare e imparare a conoscere qualcuno invece di semplicemente leggere la sua storia», spiega Gudrun Sachse, giornalista e organizzatrice della Living Library di Zugo. La persona interessata ottiene informazioni di prima mano e può porre le domande che davvero la interessano: «perché le donne si coprono il volto? Per convinzione? Perché devono? O perché si sentono più sicure? Queste domande sono permesse e incoraggiate», spiega Sachse. Si ottiene una prospettiva completamente nuova sulla vita del nostro interlocutore.
Si può davvero porre qualsiasi domanda?
Sì, tutte le domande sono permesse: anche quelle personali o critiche se sono mirate al tema del libro. Questo però non significa che il «libro» risponderà a qualsiasi domanda: «se diventa troppo personale o se si sentono a disagio in una determinata situazione, possono porre un veto», spiega Sachse in merito al regolamento della manifestazione a Zugo. «Non devono raccontare tutto ma solo quello che vogliono». E, dal punto di vista informativo, è già più che sufficiente. Il tempo passato a discutere passa spesso fin troppo in fretta.
Che «generi» sono disponibili nelle Living Libraries?
L’offerta varia da evento a evento. Generalmente per i «libri» si tratta sempre di persone che vogliono combattere i pregiudizi. Sono persone con una biografia particolare che si trovano confrontate tutti i giorni con rigetti e discriminazioni più o meno velate o che vengono stereotipate. In Svizzera abbiamo già potuto «leggere» ad esempio un ex-detenuto, un banchiere privato, un’ebrea, un positivo all’HIV, un alcolizzato, un cieco, un impresario di pompe funebri, una bodybuilder e la mamma di un bambino che ha sofferto di mobbing. Anche i rifugiati sono un tema interessante. A causa della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, in settembre 2022 a Zurigo abbiamo potuto ascoltare e porre domande a un russo e a un’ucraina.
Come funzionano i «prestiti» nelle Living Libraries?
Proprio come i prestiti in una normale biblioteca: prima di tutto, è possibile informarsi sulla disponibilità dei libri offerti. Ad esempio, nel caso della Living Library di Zugo erano disponibili brevi biografie sulla pagina web dell’organizzatore. A Zurigo invece era possibile richiederle direttamente all’arrivo sul luogo dell’evento presso i cosiddetti bibliotecari alla reception.
Una volta scelto il «libro», lo si prende in prestito. Sottolineiamo che è gratuito, proprio come in una classica biblioteca. Diversamente da quanto accade altrove, i libri presi in prestito in una Living Library non possono essere portati a casa ma ci si siede insieme a loro a un tavolo per trenta minuti. «È un po‘ come un appuntamento al buio o uno speed dating», spiega Sachse. Si beve qualcosa insieme, si discute e si impara a conoscersi. Dopo circa mezz’ora, si restituisce il «libro» e, se si vuole, si può noleggiarne un altro.
Nelle Living Libraries, generalmente si tratta di due persone che discutono tra loro. Non è una goccia nell’oceano per la lotta contro i pregiudizi?
Naturalmente sarebbe possibile raggiungere molte più persone presentando la storia della vita dei «libri» di fronte a un grande pubblico. Tuttavia, in questo modo andrebbe persa la gran parte dello scambio interpersonale, spiega Sachse: «le situazioni faccia a faccia sono più intime. Gli ospiti si sentono più a loro agio a porre domande concrete e i libri parlano più liberamente.»
La familiarità che nasce tra ospite e «libro» fa sì che ciò che si apprende in prima persona venga trasmesso. «Un incontro del genere resta impresso: improvvisamente, l’ebreo, il rifugiato e l’ex alcolizzato non sono più esseri astratti ma persone incontrate realmente. Questo porta vicinanza e abbatte i pregiudizi». E questo non vale solo per le persone direttamente interessate ma anche per chi sta loro attorno, «le esperienze vengono raccontate».
Anche i «libri» imparano qualcosa da questi scambi?
Sì, anche loro imparano qualcosa da questi incontri: sulle persone con cui parlano e anche su sé stessi. Secondo la Living Library di Zurigo, gli scambi portano i «libri» a ragionare su sé stessi, «sui propri modelli di vita e sul proprio passato».
Sachse sottolinea un altro effetto positivo delle Living Libraries: secondo quanto visto finora, è molto positivo per i «libri» essere considerati «come persone, come individui». All’ultima Living Library a Zugo ha partecipato anche un giovane eritreo che era molto felice del fatto che le persone si interessassero a lui e alla sua storia. «Nel quotidiano viene spesso assimilato a tutti gli altri eritrei secondo il motto «sei eritreo, devi essere così e così».
La première al Roskilde Festival
La prima Living Library si è tenuta nel 2000 con il nome di «Menneske Biblioteket» al Roskilde Festival. Era organizzata dall’iniziativa giovanile danese Stop Volden (stop alla violenza). L’offerta è stata un successo: durante i quattro giorni del festival, circa mille persone hanno preso in prestito un libro. Altre edizioni si sono quindi svolte dapprima a livello nazionale per poi diffondersi nei Paesi vicini e infine sempre più lontano. Oggi le Living Libraries si tengono in oltre 80 Paesi. Nel 2003, il concetto è stato adottato in un programma per la gioventù promosso dal Consiglio d’Europa.