La Confederazione continua ad avvertire dei giorni di caldo. Ma c'è chi non ne può più e accusa le autorità di fare terrorismo.
ZURIGO - Dopo i negazionisti del Covid, ecco arrivare i negazionisti del caldo.
O meglio, queste persone ce l'hanno con il continuo iterare di messaggi sull'aumento della temperatura. La Confederazione - ormai da tempo - emette degli avvisi sull'intensità del caldo così come le allerte in caso di previsioni di canicola. Non tutti però li gradiscono, anzi, stanno iniziando a suscitare parecchie critiche.
Il primo a farsi avanti e a metterci la faccia è stato il consigliere nazionale dell'UDC Roger Köppel che ha parlato di «panico da caldo su tutti i canali di informazione». Per il democentrista: «In un Paese liberale c'è il diritto di essere lasciati in pace dallo Stato, non voglio questo paternalismo permanente, che ora viene portato all'estremo dai Verdi», ha scritto.
Ma dove nasce questo modo di pensare? Spiegarlo non è così semplice. Con l'aiuto dell'analista politico Mark Balsiger, abbiamo tentato di capirlo.
Il caldo è ormai un tema elettorale
Fra un po', in autunno, ci saranno le elezioni, e il tema del caldo o del clima, gioca un ruolo fondamentale nel dibattito politico. Balsiger, intervistato da 20 Minuten, ha fatto notare che «durante i tendenzialmente tranquilli mesi estivi, i candidati e i partiti amano riprendere argomenti scottanti, per generare un po' di dibattito e smuovere le acque. Il gran caldo è senz'altro uno di questi».
I partiti ecologisti nutrono ad esempio parecchie speranze su un tema sentito dalla popolazione come appunto lo è il clima e il riscaldamento globale: «Uno sguardo al passato lo dimostra: nel 2003, i Verdi hanno guadagnato molto», fa notare Balsiger.
Dall'altra parte della barricata ci sono invece gli scettici del cambiamento climatico, questi parlano di «propaganda del caldo» sfruttata dalle autorità e dai partiti di governo «per guadagnare consensi in vista delle votazioni». Una tesi, questa, che non convince il politologo: «Il Consiglio federale è composto da cinque membri borghesi e due di sinistra. E il Dipartimento competente per l'ambiente (ovvero il Datec) è presieduto da Albert Rösti, che è dell'Udc», afferma Balsiger.
Le allerte canicola che dividono
Altra questione riguarda se sia davvero, o meno, compito delle autorità - e delle agenzie meteorologiche a esso collegate - occuparsi in maniera così tanto di caldo e canicola, emettendo costantemente allerte e comunicati: «È vero che la stragrande maggioranza della popolazione sa come deve comportarsi. Ma c'è anche chi si dimentica, soprattutto fra le fasce più delicate, come gli anziani».
E in Svizzera la popolazione è sempre più vecchia: «Se una persona di una certa età si metta a tagliare il prato in piena canicola, senza portare con sé dell'acqua, il rischio è reale».
Allarmi fini a sé stessi, oppure no? Balsiger ricorda il precedente del 2003: «Era un'estate dal caldo e decessi record, e le autorità sono state poi incolpate di non aver fatto prevenzione a sufficienza».
Lo scetticismo nato durante il Covid si è radicato
«La pandemia di Corona ha lasciato un segno indelebile in una piccola, ma estremamente vocale e bellicosa, parte della popolazione svizzera», afferma Balsiger. Si tratta di gruppi di persone che si sono sentiti stigmatizzati, trattati con condiscendenza e non ascoltati: «Questo li ha portati a non credere più nello Stato e nelle sue politiche che limitano le loro individuali. Questa estate critica, dal punto di vista del clima, sta dando loro nuova benzina per continuare ad alimentare la polemica», continua lo studioso.