Il capogruppo del partito di Zelensky commenta il veto elvetico sulla re-importazione delle armi. «Non fate i vostri interessi».
BERNA - Svizzeri, lasciate che chi compra armi da voi le fornisca poi all'Ucraina, è nel vostro interesse, se volete mantenere fabbriche e posti di lavoro: è l'appello lanciato da David Arachamija, capogruppo in parlamento di Servitore del Popolo, il partito del presidente Volodymyr Zelensky. «Avete già perso il denaro russo a causa della neutralità, ora perderete anche il mercato delle armi», sostiene.
«Non vogliamo esercitare pressioni», afferma il deputato in un'intervista pubblicata oggi dalla Aargauer Zeitung e da altre testate a essa legate. «In Svizzera ci sono le elezioni. In questo periodo, è meglio non dire nulla ai politici. Ma ho suggerito loro di pensare al futuro delle fabbriche nei loro cantoni, non ai nostri interessi. È davvero nell'interesse della Svizzera che una fabbrica chiuda? O che centinaia di persone vengano licenziate? Questa dovrebbe essere soprattutto una questione economica. Naturalmente vorrei che un giorno si svegliassero e cambiassero idea, ma sono realista. Quindi dico loro: pensate ai vostri interessi, siate egoisti».
«Gli svizzeri vivono secondo il paradigma della neutralità» (ne abbiamo parlato qualche giorno fa con il politologo Nenad Stojanović), prosegue il 44enne. «Capisco perché la pensino così e per me va bene che non vendano armi direttamente all'Ucraina. Ma negare ai loro clienti questa libertà danneggia l'industria elvetica. Se la Svizzera continuerà con questa pratica, perderà completamente il suo mercato delle armi. Sarebbe la fine dell'industria bellica elvetica».
«L'Ucraina è purtroppo diventata il centro del commercio globale di armi a causa della guerra», spiega Arachamija. «Conosciamo tutti i grandi contratti in ogni paese: possiamo già vedere che la Svizzera sta perdendo il suo mercato degli armamenti. In passato, tutti chiedevano se qualcosa fosse regolamentato dall'International Traffic in Arms Regulations, cioè soggetto alle rigide regole degli Stati Uniti sulla riesportazione. Ora tutti chiedono se un oggetto ha componenti svizzeri. La gente non vuole comprare quella roba: non vogliono pagare e poi non avere la libertà di passarla a chi desiderano».
Stando alla testata argoviese, che lo descrive come una personalità molto vicina a Zelensky, tanto da esserne il braccio destro, Arachamija è giunto in Svizzera per parlare con esponenti politici e con banchieri di UBS, nonché per partecipare a un forum ucraino. «In Svizzera le cose si stanno muovendo lentamente, ma nella giusta direzione», commenta. «Uno dei problemi da risolvere per me era la questione della riesportazione e dell'elusione delle sanzioni».
«Siamo attaccati quotidianamente con missili e droni. La maggior parte dei missili contiene ancora componenti americani, tedeschi, ma anche svizzeri. La Russia non ha modo di ricostruirli, senza questi componenti. Se le sanzioni avessero funzionato come previsto, avrebbero già finito i missili», argomenta il 44enne. «Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno emanato regole severe e minacciano le aziende di non effettuare consegne dirette o indirette ai russi. La Svizzera, purtroppo, non lo fa. Non ne conosco il motivo. Queste attrezzature arrivano in Russia attraverso paesi terzi come il Kazakistan, la Georgia o la Turchia. Questo è un problema. Dobbiamo essere in grado di sapere chi è il vero utente finale. Troppi paesi stanno aiutando la Russia ad aggirare le sanzioni».
Come andrebbe aiutata - chiedono i giornalisti - l'Ucraina? «Tenendo conto della neutralità, direi che la Svizzera è sempre stata una specialista del mercato finanziario. Ci aiuta molto anche nel settore dello sminamento. Ma potrebbe concentrarsi ancora di più sugli investimenti. Le aziende del settore della difesa potrebbero avviare joint venture in Ucraina. Molte aziende di difesa britanniche, tedesche e statunitensi stanno già aprendo fabbriche qui. La Svizzera è rimasta indietro. Faccio parte del Comitato nazionale di difesa e conosco bene la situazione: non ho visto nessuna azienda elvetica nemmeno esplorare la possibilità di produrre qualcosa in Ucraina. Non so perché, ma stanno perdendo delle opportunità. Anche gli investimenti finanziari nell'economia sarebbero di grande aiuto per la ricostruzione del nostro paese».
Un «grande problema», sempre secondo Arachamija, è anche la questione del denaro russo bloccato su conti bancari. «Per noi si sta procedendo in modo molto lento, non abbiamo ancora ricevuto alcun euro che sia stato congelato e poi confiscato. Abbiamo ricevuto questo tipo di denaro dagli Stati Uniti e anche dal Canada: non abbiamo ancora visto nulla di simile in Svizzera. Ricchi russi come Roman Abramovich dicono che non porterebbero più dollari o euro in Svizzera perché non si fidano più dell'Europa. Ora si fidano della Turchia o di Singapore. Chi nella Confederazione crede che alla fine il denaro russo tornerà si sbaglia: non è così. Avete già perso il denaro russo in Svizzera a causa della neutralità. Ora perderete anche il mercato delle armi. Continuerete a perdere. Dovete scegliere da che parte stare e iniziare a vincere qualcosa, non solo a perdere».
«La neutralità ha aiutato il popolo svizzero dopo la Seconda guerra mondiale: ma non credo che funzioni ancora nel mondo di oggi. Per me è una strategia sbagliata, ma questa è la decisione del popolo svizzero», conclude l'intervistato.