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SVIZZERA«Noi musulmani sentiamo dire che la guerra c'è per colpa nostra»

12.11.23 - 08:04
«Ciò che ha fatto Hamas è male», ma ci chiediamo «fino a che punto può spingersi l'autodifesa?».
Deposit Photos
Fonte 20 Minuten
«Noi musulmani sentiamo dire che la guerra c'è per colpa nostra»
«Ciò che ha fatto Hamas è male», ma ci chiediamo «fino a che punto può spingersi l'autodifesa?».

ZURIGO - Lo scorso fine settimana, tra le numerose manifestazioni filo-palestinesi in tutto il mondo, ha particolarmente attirato l'attenzione quella tenutasi a Essen, in Germania: manifesti e canti invocavano l'instaurazione di un califfato islamico e, secondo testimonianze oculari, addirittura la distruzione di Israele. Un evento che ha scioccato l'opinione pubblica, la cui risonanza è arrivata fino in Svizzera. Il presidente del governo zurighese e direttore della sicurezza Mario Fehr ha dichiarato alla Nzz di essere preoccupato: «Il pericolo che gli islamici dalla Germania e da altri Paesi si spostino ora in Svizzera e diffondano il loro odio è reale», per questo «le manifestazioni pro Palestina dovrebbero essere vietate», ha aggiunto.

Secondo Önder Günes, presidente della Federazione delle organizzazioni islamiche ombrello in Svizzera (FIDS), «la libertà di espressione impone che le persone possano organizzare e partecipare alle manifestazioni. Ma ciò che viene cantato deve essere conforme alle leggi del Paese e ai diritti umani internazionali. Questo non è stato il caso di Essen», ha dichiarato a 20 Minuten. «L'antisemitismo, l'ostilità verso i musulmani e il razzismo di qualsiasi tipo non devono essere ammessi. Né si deve negare il diritto all'esistenza di Israele», ha aggiunto.

Alle sue parole fa eco Fathima Ifthikar, membro del consiglio direttivo FIDS: «Rifiutiamo chiaramente quanto accaduto a Essen. Ma questo non sarebbe possibile in Svizzera. La situazione in Svizzera è molto diversa da quella della Germania o della Francia, per esempio. In Francia, ad esempio, non è permesso studiare all'università indossando l'abaya, l'abito tradizionale delle donne musulmane. In Germania, a una donna musulmana può essere vietato di indossare il velo al lavoro, cosa che divide i gruppi di popolazione. In Svizzera, la convivenza funziona».

L'odio generalizzato è inaccettabile

«L'odio contro ebrei e musulmani è inaccettabile e pericoloso. Abbiamo anche condannato l'attacco a Israele del 7 ottobre in una dichiarazione congiunta con il Consiglio delle religioni. Ma tutto questo ci lascia anche un retrogusto amaro: perché dobbiamo giustificarci? Quando i cristiani causano danni, non mi aspetto che i miei compagni cristiani prendano le distanze», sostiene Fathima Ifthikar.

Non è una guerra di religione

Nell'intervista Önder Günes fa poi un'analisi della guerra che «viene dipinta come una guerra di religione. È sbagliato, è una guerra territoriale. Ma usare l'etichetta "ebrei contro musulmani" raggiunge molte più persone e accende gli animi. Questo è nell'interesse dei fondamentalisti di entrambe le parti. I media rafforzano questa narrazione», afferma.

Dalla parte dei palestinesi

Günes e Ifthikar fanno parte dell'organizzazione mantello dei musulmani svizzeri e presumibilmente sono schierati dalla parte dei palestinesi. «Personalmente - dice Önder Günes - sono rimasto profondamente turbato dall'attacco del 7 ottobre. Come associazione, lo abbiamo condannato senza se e senza ma. Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza è terribile. La popolazione è tagliata fuori dall'acqua e dalle forniture mediche».

Concorde è Fathima Ifthika: «Fino a che punto può spingersi l'autodifesa? Se, dopo un attacco in una scuola americana, il colpevole si barrica nell'edificio scolastico all'arrivo della polizia, non si bombarda l'intero edificio scolastico con tutti gli insegnanti e gli alunni. Nella Striscia di Gaza, dovrebbe essere possibile combattere i terroristi con le forze speciali senza colpire così tanto la popolazione».

Una questione molto complessa su cui però un fatto è chiaro a entrambi: «Ciò che ha Hamas ha fatto è male. Ma bisogna vederlo nel contesto degli ultimi decenni».

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