L'ufficiale militare Marc Baumann spiega le regole di sicurezza che ogni membro dell'esercito non dovrebbe mai dimenticare.
BREMGARTEN - Martedì a Bremgarten (AG) un incidente è costato la vita a una recluta di soli 22 anni. Un colpo partito all'improvviso da un fucile d'assalto, lo ha raggiunto alla testa.
Ma come è potuto accadere un simile incidente? «Poteva essere evitato», dichiara a 20 Minuten Marc Baumann, ufficiale militare di lungo corso ed esperto nel campo della sicurezza e della protezione personale. Fondatore della società "Plan B Training", da 20 anni si occupa di formazione al tiro nell'esercito, nel settore privato e nelle organizzazioni di tiro. «Da un lato si tratta di un triste incidente. Dall'altro, di un fallimento individuale e organizzativo da parte della direzione della formazione, nonché di una mancanza di senso di responsabilità individuale». Mette in chiaro, però, che «non essendo stato presente sul luogo dell'incidente non posso fornire informazioni sul caso specifico. Si dovrà attendere il rapporto dell'inchiesta». Quel che sottolinea è che «i membri delle forze armate sono addestrati per evitare esattamente questo tipo di incidenti e per garantire procedure di esercitazioni sicure».
Le quattro regole di sicurezza - L'ufficiale Baumann ricorda le quattro regole di sicurezza che ogni membro dell'esercito deve rispettare in ogni momento: «1: Tutte le armi devono sempre essere considerate cariche. 2: Non puntare mai un'arma verso qualcosa che non si vuole colpire. 3: Finché il mirino non è puntato sul bersaglio, l'indice deve essere tenuto fuori dalla guardia del grilletto. 4: essere sicuri della propria mira». «Inoltre - aggiunge - un'esercitazione di tiro viene cronometrata e comandata in modo tale che quando finisce nessun membro delle forze armate abbia ancora munizioni sulla propria persona o nella propria arma».
La messa in sicurezza dell'arma - «Al termine del programma di tiro, l'arma viene messa in sicurezza e scaricata a comando. Anche i caricatori vengono svuotati e tutte le munizioni vengono consegnate. Durante il controllo dello scarico, l'istruttore si assicura che nessuna cartuccia sia stata "dimenticata" nella camera o nel caricatore.
Viene quindi letto l'ordine delle munizioni, il cui scopo è quello di prevenire gli incidenti durante il maneggio delle munizioni e di impedire l'uso improprio delle stesse. Chiunque contravvenga all'ordine può essere punito da un tribunale disciplinare o militare».
Cosa è andato storto - Nella sua analisi, Baumann descrive l'evento infausto come «una sfortunata catena di errori. Non riesco a spiegarlo in altro modo», ammette. «Uno dei problemi principali è che la disciplina nell'addestramento alla sicurezza e nel maneggio delle armi nell'esercito è chiaramente peggiorata negli ultimi anni».
Sostiene poi che «la concentrazione delle truppe è diminuita: sul poligono di tiro, ad esempio, le persone parlano tra loro, scherzano o sono sui social media. Anche il freddo o lo stress dovuto all'incertezza potrebbero aver giocato un ruolo. Ad esempio, dopo aver scaricato e controllato lo scarico, il tiratore può reinserire il caricatore e chiudere l'otturatore, inserendo un'altra cartuccia nella camera. A quel punto, il tiratore non si rende conto di avere con sé un'arma carica. L'ho sperimentato personalmente diverse volte con principianti, sia civili che militari».
Come evitare gli incidenti - Per evitare che le situazioni sfuggano di mano si deve eliminare «la velocità e la pressione». Fondamentali, «responsabilità e disciplina». E continua: «L'esercito ha stabilito regole chiare e ora è nostra responsabilità metterle in pratica con coerenza».
Quando si maneggia un'arma, bisogna tenere sempre a mente che «ha il potenziale di porre fine a delle vite», il che richiede la massima concentrazione e una disciplina continua nel processo di apprendimento. Una profonda comprensione della gravità di questo compito e una costante riflessione sulle nostre responsabilità sono essenziali per garantire la sicurezza. Nell'addestramento alle armi da fuoco non c'è posto per la freddezza e la noncuranza».