Le motivazioni sono diverse (e non solo economiche)
BELLINZONA / BERNA - Le ragioni sono molteplici: economiche, sociali e culturali. Però, a fronte di una popolazione in crescita (non a caso, più volte, si è parlato di una Svizzera da 10 milioni di abitanti), le culle sono sempre più vuote. Avere figli, per diverse motivazioni, oggi spesso non è considerata una priorità dalle giovani coppie.
Più morti, meno nascite - I dati testimoniano questa tendenza. Nello specifico, i numeri pubblicati dall’Ufficio federale di statistica relativi alla Confederazione mostrano una picchiata verso il basso della natalità. Nel 2021 si registravano 89'644 «nati vivi». Nel 2022, la cifra è scesa a 82'371 per toccare, nel 2023, quota 79'823. Una differenza di quasi 10'000 unità. Di contro, cresce il numero dei morti, da 71'192 (2021) a 71'666 (2023). La stessa tendenza si sta riscontrando anche nel 2024: a gennaio 2024 la Confederazione ha registrato 5'942 nati e 6'513 decessi. Stesso trend a febbraio: 5'679 nati e 5'886 morti.
La situazione in Ticino - Per quanto riguarda il nostro cantone, il calo è meno marcato: si passa da 2'551 nati (2021) a 2'387 (2023). Però, al contempo, i decessi sono in aumento e vanno da 3'109 (2021) a 3'475 (2023). Ciò significa, voce statistica alla mano, un «incremento naturale» negativo, corrispondente a -1'088 per lo scorso anno. A fronte di una popolazione cantonale in espansione di oltre 3'000 unità in tre anni.
I motivi - Le ragioni, secondo quanto riporta la Nzz, sono molteplici. Intanto, si mette in evidenza un cambio di prospettiva: se prima, forse, avere figli era considerato un passaggio «ovvio e obbligato» per avere una vita soddisfacente, oggi non è più così. Inoltre, ci sono le questioni dei costi e dello spazio abitativo. Infine, le giovani coppie preferiscono coltivare la propria carriera lavorativa e sono, a volte, convinte di non avere abbastanza soldi ed energia per conciliare famiglia, lavoro, salute e amici.
Nuovi equilibri - Il crollo della natalità porta a nuovi equilibri nel mondo occupazionale. Un numero minore di giovani significa, in prospettiva, una carenza di manodopera.