È un'idea che piace molto alla Fondazione de la Guardia che la sta sostenendo, l'ultima parola però spetterà al Pontefice.
CITTÀ DEL VATICANO - Donne soldato nella guardia svizzera del Papa?
Potrebbe capitare, anche se non così presto, come riportano questo martedì diversi quotidiani del gruppo CH Media, giusto il giorno dopo il giuramento di lunedì sera che ha visto il ritorno fra i ranghi della milizia vaticana di due ticinesi.
Il grande e inclusivo cambiamento sarebbe direttamente collegato all'edificazione della nuova caserma delle guardie svizzere, con l’inaugurazione del cantiere prevista entro due anni con il taglio del nastro che si terrà nel 2030.
La nuova struttura sarà costruita di modo da poter ospitare anche soldatesse di modo «da poter garantire sistemazioni “dignitose” in aree separate per genere». Al momento, nell'attuale caserma questa possibilità non è contemplata.
A sostenere questa apertura, fra gli altri, c'è anche l'ex-consigliera federale Doris Leuthard che è presidente della Fondazione Restauro della Caserma nonché responsabile della raccolta fondi. Interrogata sull'eventualità, Leuthard ha risposto: «Ci piacerebbe, ma l'ultima parola spetta comunque al Papa».
L'idea ha un simpatizzante anche nel presidente del consiglio d'amministrazione della Fondazione de la Guardia, ovvero l'ex-presidente della BNS Jean-Pierre Roth: «Stiamo facendo tutto il possibile per creare le condizioni ideali per questo cambiamento».
In questo senso il restauro strutturale della caserma è un tassello fondamentale. Al momento, infatti, l'attuale alloggio sarebbe inadeguato per diversi motivi: oltre a essere in evidente stato di degrado, i suoi spazi - con ampie camerate per i militi e sottufficiali, la climatizzazione inesistente, le docce e i servizi igienici condivisi - «non sono più accettabili per le guardie».
La nuova caserma - dal look futuristico e realizzata dallo studio ticinese Durisch+Nolli - avrà 114 stanze singole per gli alabardieri, 11 monolocali per sottufficiali e 26 appartamenti per famiglie. Un'aspetto, questo delle famiglie, di cui ha recentemente parlato anche lo stesso Bergoglio.
I costi del progetto sono nell'ordine di 50 milioni di franchi, di questi la Fondazione ne ha già raccolti 48,5 milioni. A donarli non solo privati e fondazioni ma anche associazioni cattoliche e cantoni (con diverse opposizioni). E con 5 milioni anche dalla Confederazione.