Parole di Rahel Müller, avvocata ed esperta in diritto alpino, scettica dopo il rinvio a giudizio di cinque indagati per la frana di Bondo
BONDO - «Se si chiudono i sentieri alpini per qualunque rischio non sarà più possibile andare in montagna», lo sostiene Rahel Müller, avvocata ed esperta in diritto alpino, che guarda con scetticismo al rinvio a giudizio di cinque indagati nei Grigioni per la frana di Bondo, l'evento che il 23 agosto 2017 costò la vita a otto persone.
«L'accusa di omicidio colposo in seguito a un incidente mortale in montagna rimane un'eccezione», afferma la specialista in un'intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger (TA). «Questo perché chiunque si muova in montagna agisce sotto la propria responsabilità. Solo l'esistenza di circostanze particolari in singoli casi porta alla responsabilità legale di terzi in caso di sinistro».
Ad esempio le catene metalliche a cui «gli escursionisti possono aggrapparsi non devono rompersi: se lo fanno, potrebbero generare una responsabilità umana in caso di incidente. Vale il principio secondo cui chi crea un'opera deve essere in grado di garantirne la sicurezza prevista. Ciò significa che l'opera deve soddisfare il suo scopo», spiega.
Caso di Bondo - «Una frana non ha nulla a che fare con un'opera, si tratta di un evento naturale. Si dovrà ora verificare se i responsabili possono essere accusati di essere a conoscenza del pericolo di caduta massi e di non aver agito in violazione dei loto obblighi». Una perizia indipendente - ricorda la cronista - è giunta alla conclusione che la frana era imminente. «La perizia è retrospettiva: la questione è stabilire se i responsabili ne fossero consapevoli all'epoca. Il processo lo mostrerà. In ogni caso, sono felice di non dover decidere se i sentieri escursionistici devono rimanere aperti», chiosa l'esperta. «Se i sentieri vengono chiusi ad ogni rischio, non possiamo più andare in montagna: questo andrebbe contro il diritto al libero accesso».
Sicurezza - «Gli escursionisti di montagna si assumono il rischio alpino residuo, ad esempio per valanghe imprevedibili o caduta di massi», risponde la giurista. «La pericolosità di un sentiero dipende dalla sua qualifica. Sui sentieri alpini, ad esempio, gli escursionisti devono essere preparati al rischio di caduta. Prima di intraprendere un'escursione devono valutare se sono fisicamente e mentalmente all'altezza. Anche le condizioni meteorologiche e l'equipaggiamento devono essere adatti».
Responsabilità - «La responsabilità personale in montagna è un principio chiaro", prosegue l'intervistata. "In montagna non si può essere esenti da pericoli».
Futuro - Alla domanda se ci sarà una condanna per i fatti di Bondo «non posso giudicare perché non ho visione degli atti - replica Müller - In base alla mia esperienza generale, posso dire che le condanne per incidenti in montagna sono molto poche». E se il verdetto fosse di colpevolezza? «Una condanna potrebbe contribuire a far sì che coloro che si trovano a essere responsabili dicano più spesso no in futuro: no a nuovi percorsi per mountain bike, no a nuovi parchi avventura, no alle vie ferrate. Perché la domanda fondamentale è sempre la stessa: dove finisce la responsabilità personale?».